28 giugno 2013

Prevenzione e consigli "anticrampo"


PREVENZIONE
I crampi sono forme di contrattura muscolare involontaria piuttosto frequenti che danno dolore intenso e obbligano l'atleta a interrompere l'attività fisica. Un'alimentazione corretta prima dell'allenamento o della gara, e l'assunzione di bevande atte a reintegrare i liquidi e i sali persi con la sudorazione, riducono al minimo l'eventualità di incappare in questo spiacevole inconveniente che può essere legato a uno squilibrio di elettroliti e ad iperacidità dovuta all'accumulo di acido lattico.
I crampi possono insorgere in alcuni atleti durante il lavoro intenso e gli esercizi di allungamento (in questi casi va ridotta l'intensità del lavoro) oppure in atleti inesperti che sollecitano eccessivamente un determinato muscolo. Nella fase pre-gra possono avere crampi alcuni sportivi accompagnati da un' intensa sudorazione: costoro traggono giovamento da bevande saline prima dell'attività.Dopo il lavoro muscolare il campo è causato dalla contrazione del muscolo stanco. Ai primi sintomi si devono rilassare volontariamente i muscoli e per qualche giorno assumere bevande con sali minerali prima del riposo.


CONSIGLI
Se i crampi insorgono mentre si fa sport, prima di iniziare è utile bere mezzo bicchiere di succo di frutta e un bicchiere di acqua minerale per evitare le perdite di sali minerali.
Non fare ginnastica dopo mangiato, perché durante la digestione lo stomaco "ruba" sangue ai muscoli.
A merenda mangiare albicocche,yogurt magro, ricchi di calcio e magnesio (minerali importanti per la contrazione muscolare).
Per ridurre il dolore e allentare la rigidità allungare piano il muscolo indolenzito.
Se il crampo è alla mano: mettersi a mani giunte e con quella che non fa male spingere delicatamente indietro, verso il polso, le dita dell'altra.
Se il campo è al polpaccio: seduti a terra, con la gamba che fa male intesa e l'altra piegata cercare di afferrare l'entità della gamba indolenzite a ritirare delicatamente, ma afferma niente, fino a quando la rigidità muscolare si attenua.
Nell'alimentazione aumentare il consumo di mirtilli, ribes nero, agrumi e altri alimenti ricchi di vitamina C e di flavonoidi che aiutano la circolazione e possono prevenire questi fastidiosi dolori.

da "Il cibo per lo sport" di Angela Colli, ed. Tecniche nuove






27 giugno 2013

Corsa: i sei "No, non Farlo!"

Stai cercando di fare le cose al meglio per trarre il massimo dalla corsa, pianificando gli allenamenti, applicando il ghiaccio nei punti doloranti. Perfetto. Ma nonostante l'approccio "professionale"potresti commettere alcuni errori che potrebbero vanificare i tuoi sforzi migliori. Ecco come evitarli e procedere diritto sulla retta via.




SFILARSI LE SCARPE DA CORSA SENZA SLACCIARLE

Se lo fai giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese, le torsioni alla caviglia che questo genere di movimento comporta possono portare a danneggiare i legamenti della tua caviglia e i tuoi tendini, mettendoti  rischio di infortunio.

Fai così: slaccia sempre le scarpe! Oppure utilizza delle stringhe ad elevata elasticità o dei blocca lacci, così da sfilarle agevolmente.


TENERE IN MANO LA BOTTIGLIETTA D'ACQUA


Correre a lungo tenendo in mano la bottiglietta dell'acqua potrebbe sbilanciarti, modificando la tua postura in corsa e così crearti più di un problema.

Fai così: Corri indossando una cintura porta-borracce che porta il peso della bottiglia vicino al tuo centro di gravità, rendendo meno probabile un'alterazione della tua azione di corsa.


TROPPO STRETCHING DEI MUSCOLI DELLA COSCIA
Verrebbe da pensare che la cura giusta per la rigidità dei muscoli posteriori della coscia sia praticare con assiduità ed energia gli esercizi di stretching. Eppure potresti correre il rischio di procurarti una lesione muscolo-tendinea.


Fai così: Pratica lo stretching sui muscoli già caldi e non forzare. Tieni inoltre presente che i problemi dei muscoli posteriori della coscia nascono spesso da una rigidità dei flessori dell'anca.



TRALASCIARE IL POTENZIAMENTO

Spesso i runners presentano uno squilibrio per quanto riguarda la forza dei diversi muscoli delle gambe che solo unpotenziamento mirato può correggere.
Del lavoro muscolare è dunque importante per aiutare a stabilizzare i muscoli e prevenire gli infortuni.

Fai così: Rafforza tutto il corpo utilizzando movimenti combinati che fanno lavorare contemporaneamente le parti superiore ed inferiore del corpo.


                                                                       DONARE IL SANGUE PRIMA DI UNA GARA IMPORTANTE

Potrebbero volerci da quattro a otto settimane prima che i valori dei globuli rossi ritornino normali. Potresti non avvertire la differenza nei tuoi allenamenti normali, ma in gara potrebbe rivelarsi arduo cercare di ottenere il tuo nuovo record personale.


Fai così: dopo la donazione, concediti un periodo di otto settimane per recuperare completamente prima di partecipare a una gara importante.




CALZARE SCARPE INADATTE NEL TEMPO LIBERO

Scarpe piatte, che non offrono sostegno al piede, o calzature eccessivamente consumate possono stressare la fascia plantare. Dal canto loro i tacchi possono indurire i muscoli del polpaccio e del tendini d'Achille.

Fai così: Osserva da dietro le scarpe che usi tutti i giorni. Se pendono verso l'interno o l'esterno, oppure se hanno le suole consumate, liberatene. Scegli scarpe comode e con un buon supporto dell'arco plantare. E...meglio evitare tacchi alti.



Rivista "Runners", giugno 2013

26 giugno 2013

Cosa si può fare per la pressione bassa?


La pressione bassa è una condizione abbastanza comune con cui molti convivono, spesso senza problemi. Tuttavia, con l'arrivo del grande caldo è facile andare incontro a qualche disturbo. «Nella maggior parte dei casi avere una pressione più bassa delle norma è una caratteristica costituzionale, non patologica, che l'organismo riesce a compensare, assicurando un adeguato apporto di sangue agli organi vitali ed evitando lo svenimento - spiega Ciro Esposito, responsabile dell'Unità Operativa di Nefrologia dell'IRCCS Fondazione Maugeri di Pavia -. In genere, è più comune nelle donne, nei bambini e in chi pratica sport di resistenza. In termini tecnici si parla di vera ipotensione se la pressione arteriosa a riposo scende sotto i 90/60 mm Hg (millimetri di mercurio)».
Quali sintomi può provocare?
«In genere avere una pressione più bassa della norma non comporta particolari disturbi, se non in alcune circostanze, per esempio quando fa molto caldo. Le temperature alte favoriscono, infatti, la dilatazione dei vasi sanguigni, abbassando ulteriormente la pressione. Inoltre, quando fa caldo si suda di più ed è più facile disidratarsi, altra condizione che può ridurre la pressione. L'ipotensione può essere associata ad alcuni sintomi poco specifici come stanchezza, nausea, debolezza muscolare e mal di testa. Se la pressione è molto bassa, e il calo è repentino, possono comparire altri disturbi più caratteristici come cute pallida, fredda e sudata, vertigini, annebbiamento della vista, fino ad arrivare alla caduta a terra per uno svenimento».
Oltre al caldo che cosa può abbassare la pressione?
«Il rapido passaggio dalla posizione seduta a quella in piedi (ipotensione ortostatica), oppure la disidratazione legata alla perdita di liquidi con le urine, come nel caso del diabete non controllato, o con l'apparato gastrointestinale (diarrea, malattie intestinali infiammatorie croniche, ecc.). A volte l'ipotensione è uno dei campanelli di allarme di alcune malattie, come per esempio l'amiloidosi, una patologia rara caratterizzata dalla deposizione nei tessuti di materiale proteico. Anche alcuni farmaci usati per curare il disturbo opposto, l'ipertensione, possono causare un eccessivo calo pressorio, soprattutto con il caldo. Meno comuni sono i casi di ipotensione legati a problemi cardiaci, a infezioni gravi o a reazioni allergiche estreme (shock anafilattico)».
Che cosa si può fare?
«Nei mesi estivi, in caso di disturbi come quelli descritti, può essere d'aiuto bere più acqua e consumare un po' più di sale. In chi è iperteso, con l'arrivo della stagione calda può talvolta rendersi necessaria una riduzione del dosaggio dei farmaci antipertensivi. Gli anziani, particolarmente soggetti a colpi di calore con cali improvvisi della pressione, farebbero bene a non uscire nelle ore più calde e a vestirsi più leggeri per non sudare troppo. Infine, se ci si rende conto che la pressione sta subendo un calo repentino, è utile sdraiarsi a terra e sollevare le gambe per evitare di arrivare allo svenimento».
Antonella Sparvoli
www.corriere.it, 25 giugno 2013


25 giugno 2013

La Natura dei Trigger Point nel trattamento del dolore muscolare

Un Trigger Point miofasciale è costituito da quella zona o quel punto lungo la banda muscolare contratta in cui la sensibilità al dolore raggiunge il massimo grado. Si chiamano Trigger Point perchè, come dice la traduzione, sono punti Grilletto che, se stimolati, "sparano" il dolore e distanza.
Alla compressione, un Trigger Point può risultare molto dolente e può generare fenomeni autonomi come disturbi visivi e vestibolari, arrossamento degli occhi, e lacrimazione, un'alterata percezione dello spazio, coriza (infiammazione delle membrane mucose), riduzione dell'attività vascolare locale e modifiche della temperatura della pelle.
Secondo una prospettiva anatomica, le zone che tendono a sviluppare dei Trigger Point sono, in genere, quelle in cui è probabile che si crei una tensione meccanica più alta o una circolazione difficoltosa, a seguito di attività fisiche o stress posturali. I muscoli in cui si sviluppano con maggiore frequenza i Trigger Point sono lo sternocleidomaistoideo, il trapezio superiore, l'elevatore della scapola, l'infraspinato, i paraspinali toracolombari,, il quadrato dei lombi, il medio e piccolo gluteo, anche se possono presentarsi in qualsiasi fascicolo di ogni muscolo del corpo.
Il dolore o l'indolenzimento aumentano, in genere, con l'uso o l'allungamento del muscolo, con una pressione diretta sul Trigger Point, con l'accorciamento del muscolo per un periodo prolungato o con una sua contrazione sostenuta o ripetitiva, in caso di tempo freddo o umido, infezioni virali o stress.
Capita infatti di sentirsi raccontare dai pazienti di soffrire di una"nocciolina", un "nervo accavallato" che dà molto dolore e che di fatto corrisponde a un muscolo sofferente.
I sintomi diminuiranno dopo brevi periodi di inattività leggera seguita da riposo e con un lento, costante e passivo allungamento del muscolo stesso, soprattutto se accompagnato dall'applicazione di calore umido. Quindi una volta individuato il Trigger Point deve essere disattivato attraverso una compressione ischemica.


da "La terapia dei Trigger Point per il trattamento del dolore muscolare" di Donna e Steven Finando, ed.mediterraneee



Il massaggio Trigger Points aiuta a ritrovare la giusta funzionalità, ove il corpo risulta più flessibile con una conseguente sensazione di benessere generale. Questo trattamento deve essere considerato come una “terapia aggiuntiva” che aiuta a rendere i muscoli più attivi facendo ritrovare la corretta postura ed eliminando i punti di tensione. 
Per ottenere risultati significativi ci si dovrà sottoporre ad un ciclo di almeno 10 sedute ma già dopo i primi massaggi si possono notare i primi benefici in termini di mobilità e agilità. Tuttavia, se non si cambiano le abitudini che hanno portato alla formazione dei punti grilletto, i benefici del massaggio saranno ben presto vanificati.


Stefania Foti
www.benessere.com

LA MIA OPINIONE
In riferimento ai miei studi di Osteopatia la tecnica Trigger Points è una terapia manuale utilizzata come prevenzione, valutazione e trattamento dei disturbi muscoloscheletrici: è importante però non intervenire solo sul sintomo, ma correggere anche il problema scatenante alla base.
Ad oggi ho utilizzato questa tecnica su persone che riscontravano tensioni soprattutto a livello del trapezio superiore e dei romboidei con la una diminuzione della dolorabilità locale già dopo 3-5 sessioni.
I problemi scatenanti sono prevalentemente legati a errate posture quali possono essere quelle dello studente, dell'impiegato, del docente in cui il corpo e lo sguardo devono assecondare il computer e la scrivania comportando molto spesso un atteggiamento cifotico.
Questo trattamento insieme a una rieducazione posturale possono comportare notevoli benefici in breve tempo.
Io da quando ho conosciuto questa terapia dedico 5 minuti ogni mattina al detensionamento dei muscoli delle gambe e del rachide in modo tale da iniziare la mia giornata carica e senza tensioni.



24 giugno 2013

Diabete: l'esercizio fisico 'allena' il grasso e lo rende 'buono' per il metabolismo

L'esercizio fisico può "allenare" il grasso e renderlo buono in modo che provochi un miglioramento del metabolismo. È quanto emerso da due nuovi studi condotti sia sui topi che sulle persone e presentati oggi al 73° Congresso dell'American Diabetes Association (Ada) in corso a Chicago fino al 25 giugno. Attraverso questi studi, finanziati dall'Ada e dal National Institutes of Health, si è scoperto che nei topi che si erano esercitati sulla ruota per 11 giorni e negli uomini che avevano svolto 12 settimane di allenamento sulla cyclette si è verificato un imbrunimento del tessuto adiposo bianco, che ha poi provocato dei profondi cambiamenti nel modo in cui il grasso stesso si "comporta" all'interno del corpo.

Il grasso bruno, infatti, è metabolicamente più attivo rispetto a quello bianco che si forma quando facciamo vita sedentaria. "I nostri risultati dimostrano che l'esercizio non ha effetti benefici soltanto sui muscoli, ma anche sul grasso" ha spiegato Kristin Stanford del Joslin Diabetes Center di Boston. "E' evidente che quando il grasso si allena diventa bruno e metabolicamente più attivo".

"Allenare" il grasso.
 Dunque, lo svolgimento di un'attività fisica costante - da sempre ritenuta fondamentale per la prevenzione ma anche per la cura del diabete - diventa ancor più strategica per questa malattia cronica che riguarda 371 milioni di persone in tutto il mondo e 3,3 milioni di italiani. "Abbiamo sempre saputo che l'esercizio fisico è importante - conferma Laurie Goodyear della Harvard Medical School - ma ciò che abbiamo dimostrato con questi studi è l'effetto positivo che svolge sul grasso. Non si tratta del grasso addominale che è quello cattivo e può causare diabete o altre forme di insulino-resistenza. Si tratta piuttosto del grasso sottocutaneo che in seguito al movimento si adatta, scatenando un effetto metabolico positivo".

Gli studi nei topi hanno dimostrato che il grasso bruno è associato a un miglioramento della composizione corporea, a una diminuzione della massa grassa e a una maggior sensibilità all'insulina. Dunque, anche se non si perde peso, in realtà facendo ginnastica si allena il proprio grasso a diventare metabolicamente attivo e, quindi, a produrre risultati positivi per la nostra salute.

La terapia del movimento. Di recente anche due studi italiani, uno dell'università di Perugia e l'altro dell'università La Sapienza di Roma, hanno dimostrato che per prevenire il diabete è sufficiente camminare 150 minuti alla settimana. E anche nei pazienti con diabete di tipo 2 l'attività fisica migliora il controllo glicemico e riduce il rischio per malattia cardiovascolare. Si è visto che l'esercizio aerobico, come camminare a passo svelto, la corsa o la bicicletta, serve a ridurre il peso, in particolare la massa grassa addominale, migliorae l'efficienza del sistema cardiovascolare, il controllo metabolico e riduce i fattori di rischio cardiovascolare.

L'esercizio di resistenza, come il sollevamento pesi o gli esercizi con bande elastiche, invece, serve ad aumentare la forza muscolare e quindi a prevenire infortuni e cadute, ad aumentare la massa muscolare e di conseguenza il metabolismo basale, cioè la spesa energetica a riposo e a ridurre la glicemia.

L'educazione terapeutica. Da anni ormai gli specialisti sostengono la necessità di un approccio terapeutico che non sia più soltanto farmacologico, ma basato sull'educazione terapeutica. "Come per tutte le malattie croniche, anche per il diabete è fondamentale che il paziente sia educato a gestire la propria patologia sia imparando a misurare la glicemia e a prendere i farmaci, ma anche imparando cosa mangiare e come fare attività fisica", spiega Nicoletta Musacchio, responsabile dei servizi di diabetologia degli Istituti clinici di perfezionamento di Milano, che da anni si occupa di educazione terapeutica.

Per raggiungere questo obiettivo, servono modelli organizzativi che prevedano un vero e proprio percorso di addrestamento che serve al paziente per imparare a gestire la malattia ed ai medici per personalizzare sempre di più le terapie. La necessità di "cucire su misura" la cura del paziente diabetico è stata ribadita anche dall'Ada. "Le indicazioni date agli specialisti sono molto precise: è necessario fenotipizzare il paziente. Questo vuol dire considerare non solo il diabete ma il quadro generale, cioè l'età, le altre patologie presenti e il tipo di vita che si conduce", conferma Musacchio.


www.repubblica.it
22 giugno 2013

22 giugno 2013

Al cuore serve una settimana di vacanza

Non rinunciate a un po' di vacanze, quest'estate, crisi permettendo. Basta infatti «staccare la spina» per una settimana per dare una boccata d'ossigeno a cuore e vasi, riducendo di circa il 20 per cento il rischio di infarti e ictus. Non serve volare dall’altra parte del mondo o spendere migliaia di euro per un soggiorno a cinque stelle: anche solo un po' di relax può bastare, l'importante è non privarsi di pochi giorni di riposo vero, perché il cuore ci guadagna parecchio. Lo hanno spiegato gli esperti dell'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco) durante il loro congresso nazionale di Firenze, sottolineando come lo stress con cui siamo costretti a convivere nei mesi invernali aumenti la pressione arteriosa e la probabilità di aritmie, favorendo inoltre l'alterazione di fattori infiammatori e la formazione di trombi.
Interrompere per un po' la routine, dedicandosi ad attività piacevoli e riposandosi di più, è perciò una pausa rigenerante che serve a far prendere fiato al sistema cardiovascolare. «Chi è costretto a restare a casa ha spesso problemi lavorativi o familiari e non andare in vacanza accentua le sensazioni di isolamento sociale, demotivazione e stanchezza esasperando le emozioni negative — spiega Francesco Bovenzi, presidente Anmco —. Sono queste che incidono sulla salute del cuore, perché ad esempio aumentano l'infiammazione dei vasi, l'attività delle piastrine e la frequenza cardiaca, dando il via a una serie di reazioni endocrine che sfociano in una minore protezione delle arterie e una più alta probabilità di infarti e ictus. Il pericolo è consistente soprattutto in chi è più anziano o ha fattori di rischio cardiovascolari, come pressione alta, sovrappeso, fumo».
Purtroppo, stando alle previsioni, per colpa della crisi più della metà degli italiani taglierà le ferie: come può arginare i danni chi non riuscirà ad allontanarsi dalla routine neppure per una settimana "salvacuore"? «L'importante è non sentirsi passivi ed anche se si resta a casa pianificare qualche giorno in completa libertà per dedicarsi a un hobby, riordinare l'appartamento, scrivere le proprie emozioni, uscire a passeggiare — consiglia Bovenzi —. Anche in città poi si può cogliere l'occasione per fare un po' più di attività fisica e curare meglio l'alimentazione, ad esempio riducendo il consumo di carne a favore delle verdure. Essenziale poi garantirsi un buon apporto di acqua, perché in città le temperature sono mediamente maggiori rispetto alle località di villeggiatura e la minaccia della disidratazione è concreta, con tutte le sue conseguenze negative: il sangue diventa infatti più denso e il cuore fa più fatica a pomparlo in circolo, soprattutto se già si soffre di pressione alta, scompenso cardiaco, problemi venosi. Chi invece può permettersi una vacanza lontano da casa e ha già una malattia cardiovascolare dovrebbe comunque, prima di partire, sottoporsi a un mini check-up dal medico».
Per fortuna le persone "in pericolo" per colpa dei tagli alle ferie saranno un numero tutto sommato contenuto: stando agli studi presentati durante il congresso Anmco, infatti, il cuore degli italiani sta sempre meglio, tanto che negli ultimi 20 anni il rischio cardiovascolare della popolazione si è ridotto del 10% e sono diminuite drasticamente le morti per infarto. «Siamo riusciti a incidere in modo positivo sui fattori di rischio modificabili: in 20 anni è diminuito il colesterolo medio e oggi, grazie anche alle cure disponibili, l'80-90% dei pazienti riesce a tenere i valori nella norma — dice il cardiologo —. Il numero di fumatori è sceso, tanti hanno capito quanto sia pericolosa la sedentarietà e anche la pressione alta è tenuta meglio sotto controllo: merito di una maggior consapevolezza della popolazione, oltre che dell'arrivo di farmaci che aiutano a ridurre ipertensione, ipercolesterolemia, diabete. Rimane tuttavia molto da fare per evitare che i pazienti interrompano le terapie».
Elena Meli
www.corriere.it

Giugno 2013


21 giugno 2013

Perchè si ingrassa?

La moderna scienza dell'alimentazione ha accertato come non sempre l'aumento di grasso corporeo sia solamente legato a un' Iperalimentazione.
Le motivazioni sono sia di ordine fisiologico che psicologico:

  • Numero di cellule adipose ereditate o sviluppate dalla gestazione all'età evolutiva;
  • Assetto ormonale della tiroide, degli androgeni e del sistema simpatico;
  • Sensibilità agli sbalzi glicemici e insulinici;
  • Desensibilizzazione agli stimoli di sazietà a livello dell'ipotalamo;
  • Situazione umorale, psicologica, caratteriale (insoddisfazione e mancanza di auostima);
  • Squilibri alimentari, sia qualitativi che quantitativi, e di distribuzione oraria;
  • Alti livelli di stress con ricerca di gratificazione e cortisolemia;
  • Ipocinesi e bassi livelli di tessuto muscolare. La sedentarietà può far rallentare una parte degli enzimi deputati alla lipolisi;
  • Presenza di eventuali intolleranze e allergie.
Una volta acquisita questa consapevolezza, si dovrebbe agire cercando di creare una situazione che si raffigura e tiene conto di questi punti:
  • Ciò che conta è la qualità e n on la quantità dei cibi;
  • Non tutte le calorie sono uguali: cibi diversi hanno riscontri metabolici diversi;
  • Non tutti i momenti del giorno sono uguali per assumere determinati alimenti;
  • Il numero dei pasti influenza i livelli glicemici e la tendenza ad accumulare il grasso;
  • Il carena calorica il corpo tende a distruggere massa magra;
  • Ogni persona ha un suo peso forma determinato dalla struttura scheletrica, dal muscolo.
  • Necessità di aumentare l'autostima e la gratificazione;
  • Attività fisica mirata a migliorare la massa magra e il metabolismo.
Punta chiave risulta, comunque, riassunto in questo motto:

Non è importante mangiare di meno, ma consumare di più.


da"Alimentazione Fitness e Salute" di Marco Neri, Alberto Mario Bargossi, Antonio Paoli, ed. Alika

20 giugno 2013

Sfrutta la riserva


È risaputo che per correre lontano e veloce bisogna avere il “serbatoio” pieno. Eppure, durante la preparazione per la maratona di Toronto dello scorso autunno, due atleti d’élite canadesi, Reid Coolsaet ed Eric Gillis, hanno adottato un approccio non convenzionale: hanno effettuato alcuni allenamenti con il serbatoio vuoto. Correre a digiuno costringe il tuo corpo a lavorare duramente e gli insegna a bruciare i carboidrati più efficacemente quando si trova a gareggiare con le riserve energetiche al completo. I carboidrati rappresentano il carburante più prontamente disponibile nell’organismo, ma solo una quantità limitata può venirne immagazzinata - abbastanza per sostenere circa 90 minuti d’intenso esercizio fisico - soprattutto nei muscoli e nel fegato. I ricercatori hanno evidenziato che allenarsi in uno stato di esaurimento dei carboidrati aiuta i muscoli ad adattarsi a bruciare più grassi e potenzia del 50% la capacità del corpo d’immagazzinare i carboidrati. Dopo aver lavorato con il fisiologo Trent Stellingwerff del Canadian Sport Centre- Pacific, Coolsaet e Gillis hanno siglato a Toronto i propri record personali di 2:10’55” e 2:11’27”, qualificandosi per la maratona olimpica di Londra. Ecco come sperimentare questo modo di correre “senza benzina”.
SVUOTA TUTTO 
Un modo per svuotare completamente le riserve di carboidrati dei tuoi muscoli consiste nello svolgere un allenamento impegnativo al mattino e poi una corsa pomeridiana senza ripristinare le scorte di carboidrati tra un lavoro e l’altro. Questo è sicuramente un approccio impegnativo e poco piacevole. Una tattica più accessibile è correre prima di colazione dopo essere stati a digiuno per 10 ore o più durante la notte. Quest’ultimo approccio è decisamente meno estremo, ma comunque spinge il tuo corpo a operare il cambiamento desiderato.
UN PASSO ALLA VOLTA 
Sebbene sia un buon punto di partenza, fare 30 minuti di corsetta prima di colazione non produce ancora alcun risultato. Ci vuole almeno un’ora di corsa a digiuno perché s’inizi a bruciare più efficemente i grassi. Ai maratoneti di livello che corrono più di 160 km settimanali, Stellingwerff suggerisce di arrivare a fare due ore di corsa a digiuno, di cui metà all’andatura delle tempo run. Tutti gli altri runners possono puntare ad arrivare nell’arco di un mese a correre un’ora a digiuno.
RIPRISTINA LE SCORTE 
Appena terminata la corsa a digiuno mangia immediatamente, in modo da velocizzare il ripristino delle scorte e ritrovare le forze. Cerca d’introdurre da 15 a 25 grammi di proteine e da 60 a 100 grammi di carboidrati, secondo la lunghezza e l’intensità della tua corsa. Tieni monitorato con attenzione il tuo recupero prima di aumentare la lunghezza di questo tipo di allenamenti e il giorno dopo corri facile.
VELOCE IN GARA
L’allenamento a digiuno non è qualcosa da effettuare tutte le volte. Non si riesce ad andare così spediti come quando si ha il serbatoio pieno e quindi è difficile migliorare sotto l’aspetto della velocità. Durante la preparazione di una maratona inserisci gradualmente le corse a digiuno nel tuo programma e inserisci la più lunga e la più dura nel periodo di maggior carico. Il giorno della gara le riserve di carboidrati dovranno essere piene. Anche se non dureranno per tutti i 42,195 chilometri, dovrebbero sostenerti più a lungo del normale.

Inserisci così le corse a digiuno nella preparazione di una maratona
SETTIMANE 1-4
Una corsa a digiuno alla settimana. Inizia con 30 minuti facili e arriva a 60 minuti.

SETTIMANE 5-8
Una corsa a digiuno alla settimana. Arriva a 75 minuti e incorpora una tempo run da 20 a 30 minuti.

SETTIMANE 9-12
Due corse a digiuno alla settimana. Una facile da 30 a 60 minuti. L’altra fino a 90 minuti, con al suo interno 30-40 minuti a ritmo di tempo run.

SETTIMANE 13-16
Una corsa a digiuno alla settimana. Corri da 45 a 60 minuti facile. Nessuna corsa a digiuno nell’ultima settimana prima della gara.



Ed Eyestone
www.runnersworld.it
Giugno 2013

19 giugno 2013

Esercizio & Dieta sono il migliore approccio per la longevità

La maggior parte delle persone sanno che il modo per rimanere sani è quello di fare Esercizio Fisico e mangiare sano, ma molti lottano per raggiungere questi obiettivi, o anche solo decidere quale cambiare per primo. 
I ricercatori della Stanford University School of Medicine hanno studiato come modificare dieta ed esercizio fisico allo stesso tempo, verificando che molto spesso la modificazione del proprio piano alimentare può interferire con la pratica di Attività Fisica svolta in maniera costante.
Abby C. King e colleghi hanno diviso 200 partecipanti inizialmente inattivi, di 45 anni e con le diete non ottimali, in quattro gruppi con diversi tipi di allenamento . 
Il primo gruppo ha modificato la dieta e l'esercizio fisico contemporaneamente. 
Il secondo gruppo ha cambiato prima la dieta senza variare la pratica costante di esercizio.
Il terzo gruppo ha invertito l'ordine e ha modificato il proprio programma di allenamento per poi abbinare consigli dietetici sani. 
Il quarto gruppo non ha apportato cambiamenti nella dieta o nell'esercizio fisico, ma i membri sono stati educati a tecniche di gestione dello stress. 
I ricercatori hanno monitorato i progressi dei partecipanti dei quattro gruppi per un anno. 
Quelli che hanno iniziato modificando la dieta e l'esercizio fisico allo stesso tempo hanno avuto più probabilità di integrarsi con le linee guida nazionali per l'esercizio: 150 minuti a settimana  di Attività fisica e 5-9 porzioni di frutta e verdura al giorno, il mantenimento delle calorie provenienti da grassi saturi pari al 10 per cento o meno del loro apporto totale. 
Coloro che hanno iniziato con l'esercizio fisico prima hanno svolto un lavoro soddisfacente sia nella pratica di Attività Fisica e di una sana Alimentazione, anche se non con buoni risultati come quelli che sono concentrati su dieta ed esercizio fisico contemporaneamente. 
Quelli che hanno iniziato prima con la dieta hanno svolto un buon lavoro per il raggiungimento degli obiettivi alimentari ma non hanno rispettato quelli legati all'allenamento.
Secondo le indagini di King per i partecipanti, i cui orari e vita stressanti in precedenza avevano interferito con le scelte sul proprio stile di vita sano, questo tipo approccio ha funzionato. 
Tali comportamenti non possono essere modificati in brevi periodi, ma le persone se educate e riprese durante tutta la loro vita possono portare grandi benefici in termini salutistici e lungimiranti.

Abby C. King, Cynthia M. Castro, Matthew P. Buman, Eric B. Hekler, Guido G. Urizar Jr., David K. Ahn.
www.worldhealth.net 
Maggio 2013