31 luglio 2013

Vitamina C: pasticche dal mais

Certamente conoscete le pasticche di vitamina C che si masticano quando si ha un po' mal di gola. Si comprano in farmacia, hanno un sapore di arancia, sono spesso di colore arancione e la confezione riporta quasi sempre l'immagine di un'arancia o di un limone. Gli agrumi, in particolare i limoni, sono infatti ricchi di vitamina C. I vegetali sono importanti per noi come fonte primaria di vitamina C, visto che il nostro corpo non è in grado di sintetizzarla. Sappiate però che l'unico legame tra la vostra pasticca e l'arancia è l'immagine sulla confezione.
Quella vitamina C, o acido L-ascorbico come direbbe un chimico, O E300 secondo la legislazione vigente, non proviene da una spremuta di agrumi, come vorrebbe suggerire la pubblicità: è stata invece sintetizzata da un impianto industriale.  E non ha importanza da dove siano arrivati gli atomi di idrogeno, ossigeno e carbonio di cui è composta. Le sue proprietà dipendono solamente dal modo con cui sono disposti questi atomi nello spazio, e non da dove fossero in precedenza. Nonostante questo c'è chi prova a vendere la vitamina C "naturale", a costo maggiorato ovviamente, cercando subdolamente di suggerire che l'altra è "artificiale"e qualche modo un inefficace, il che è una colossale stupidaggine. Ovviamente in un bicchiere di succo d'arancia sono presenti molte altre sostanze chimiche oltre la vitamina C (tra l'altro, nella spremuta la vitamina si degrada molto in fretta, per cui è importante per la pena preparata). La vitamina C industriale si produce a partire dal glucosio, uno degli zuccheri semplici che formano il saccarosio. Il processo, piuttosto complicato, è suddiviso in vari stati è uno di questi consiste nella fermentazione causata da una microrganismo, un po' come avviene nella produzione del vino o della birra. Da dove viene il glucosio usato dall'industria? Solitamente dall'amido di mais.
Come quello che si acquista al supermercato, chiamato maizena e utilizzata in alcune ricette.
L'amido infatti è una polimero di glucosio: è composto da moltissime molecole di glucosio legate le une con le altre. E anche in questo caso si utilizza un microrganismo per spezzare i legami tra le molecole di glucosio nell'amido. Tra l'altro, l'amido utilizzato nella produzione della vitamina C può anche derivare da mais OGM, ma non vi affannate a cercare sulla confezione delle pasticche la dicitura relativa all'eventuale origine transgenica. La legge non impone e comunque non avrebbe senso mettercela, visto che l'amido è amido, indipendentemente dalla sua origine transgenica o meno. A questo punto dovrebbe essere chiaro che la nostra vitamina C non ha più alcuna memoria della sua provenienza. Che derivi da un limone allontanamenti dalla pannocchie di mais non fa infatti nessuna differenza.


Dal libro "Pane e bugie" di Dario Bressanini

29 luglio 2013

I danni muscolari da attività fisica

Tra i tipi di "fatiche" cui l'organismo di un atleta deve porre rimedio al termine di uno sforzo c'è anche quello costituito dai danni subiti dai muscoli. In questi casi si parla di e i EIMD( Exercises induced muscle damage o danni muscolari indotti dall'attività fisica) i cui effetti negativi si contraggono talvolta per vari giorni.

Sintesi proteica, allenamento e alimentazione
Va considerato, innanzitutto, che in ogni istante della giornata le proteine del nostro corpo (Qui in particolare si fa riferimento a quelle muscolari )vanno incontro contemporaneamente a demolizione (break-down) e a costruzione (sintesi).
Da tale punto di vista, l'alimentazione e l'allenamento hanno un'influenza notevole.
Si può ritenere, per esempio, che in un adulto sedentario quando si consideri un periodo di alcune settimane o di pochi mesi, il contenuto medio di proteine del corpo rimasta pressoché costante. Se, però, si va a esaminare quello che succede momento per momento, si vede che quando costui è a digiuno da alcune ore tende a prevalere il break down , mentre predomina la sintesi nelle decine di minuti successivi a quelli in cui egli ha assunto proteine.
Per quello che riguarda l'atleta, succede che nel corso dell'allenamento ci sia un atteggiamento catabolico dell'organismo con livelli elevati di quelli ormoni che favoriscono il break down (come cortisolo). Durante l'attività molto intensa e con lunga durata, a carico delle fibre muscolari siano dei danni causati:

  • Dalle contrazioni eccentriche, quelle in cui un muscolo al lavoro mentre viene stirato, per esempio nella corsa in discesa;
  • Dallo stress ossidativo, dallo stato infiammatorio e da vari fattori di origine metabolica, quali l'abbassamento notevole del pH, l'esaurimento energetico, l'ischemia e così via; sono tutti fattori che intervengono come conseguenza dell'attività fisica specie di quella protratta;
  • Dall'utilizzo di proteine come fonte di energia da parte dei muscoli che lavorano;
Alla fine dell'allenamento, invece, tende a prevalere l'atteggiamento anabolico, nel corso del quale aumentano gli ormoni con effetti anabolici (come il testosterone) e la sintesi proteica ha la supremazia sul break down.  Le proteine del corpo tendono così a crescere, a condizione, però, che ci sia la disponibilità della materia prima per tale sintesi, vale a dire degli aminoacidi derivati dalle proteine contenute negli alimenti. È vantaggioso, a ogni modo, che la sintesi proteica che pone rimedio al break down verificatosi durante l'allenamento venga favorita da un'appropriata alimentazione, in cui l'inizio sia il più possibile vicino al termine di un'attività impegnativa.

Perché è importante non assumere tutte le proteine in un solo pasto
Quando si parla della necessità di proteine degli atleti praticanti ad alto livello i certe discipline, di solito si fa riferimento alla quantità totale che deve essere assunta nell'intera giornata in rapporto al peso corporeo.
Va tenuto presente, però, che non avrebbe senso concentrare tutte queste proteine in un solo pasto. Uno dei motivi è che l'assunzione di una grande quantità di proteine in una sola volta ne riduce la percentuale dell'assorbimento a livello intestinale. Ancora più importante è la mancanza di depositi di aminoacidi nell'organismo; quelli che derivano dai cibi proteici, infatti, una volta assimilati e giunti nel sangue, possono avere soltanto due destini: sono utilizzati per sintesi proteiche entro poche decine di minuti oppure sono trasformati in altre molecole.
Se, in definitiva, si considera che nelle decine di ore successive a un allenamento impegnativo si abbia il massimo possibile del recupero dei danni muscolari, in primo luogo vantaggioso che l'assunzione delle proteine sia frazionata lungo tutta la giornata; è  bene dunque fornire cibi proteici anche nella prima colazione ed eventualmente in uno o due spuntini.

Lo stato infiammatorio dell'organismo e i Polifenoli
Finora si è parlato soprattutto dei danni muscolari che l'attività fisica determina a livello delle proteine dei muscoli.  Vi sono, poi, altri danni causati dal fatto che, dopo impegni elevati per intensità e durata, aumentano nell'organismo lo stato infiammatorio e le ossidazioni. In questo senso, può essere efficace l'utilizzo di Polifenoli con  effetto antinfiammatorio e antiossidante, come la curcumina e nelle antocianinine dei frutti di bosco e di altre bacche. La curcumina è contenuta in grandi quantità nel curry, la spezia usata soprattutto in India. Si sa che possiede varie proprietà salutari, tanto che i consumatori abituali criteri hanno un rischio ridotto di calcolo, di morbo di Alzheimer, di diabete e di altre malattie favorite dai radicali liberi e dall'infiammazione.

Conclusioni
Per fare in modo che i muscoli pongano rimedio il prima possibile altri e EIMD, specie ai danni a livello proteico, in definitiva, l'ideale è che vi sia un rapporto contemporaneo di proteine e carboidrati. Questo rapporto dovrebbe essere ripetuto almeno due volte nel corso della giornata è la prima volta dovrebbe essere effettuato nelle decine di minuti successive al termine dello sforzo. Esistono integratori specifici che favoriscono questo tipo di recupero, marcò benissimo anche un pasto che fornisca, oltre al carboidrati, proteine e una quantità che garantisca un apporto di BBCA di 5 g. È altresì importante che siano assunte un po' di proteine anche negli altri pasti della giornata (prima colazione e spuntini). 
I polifenoli, al loro volta, da un lato riducono lo stato infiammatorio dell'organismo e, in particolare, proprio dei muscoli, facendo diminuire la concentrazione di alcune citochine, e dell'altro lato combattono l'attività delle specie reattive dell'ossigeno.

Enrico Arcelli
Scienza è sport
Giugno 2013





28 luglio 2013

Il decalogo alimentare anti-crisi e anti-afa

Mangiare bene combattendo l’afa e spendendo poco si può: basta fare la spesa in modo intelligente. A suggerire i trucchi per un menù eco-alimentare sono gli esperti dell’Associazione Nazionale Dietisti (Andid). “Una buona alimentazione si basa sulla preferenza di prodotti di origine vegetale come frutta, verdura, cereali e legumi” spiega la presidente Giovanna Cecchetto. “Ma è importante anche l’alternanza settimanale di prodotti di origine animale, utilizzando fonti di ottimo valore nutritivo e di costo limitato come latticini, formaggi, uova e sulla scelta di acqua di rubinetto come fonte principale per l’idratazione. Inoltre la lotta allo spreco ottenuta attraverso la pianificazione del menù settimanale e della spesa, si traduce in ulteriore risparmio per la famiglia, consentendo saltuariamente la possibilità di concedersi qualche “sfizio” senza pericolose ricadute né sulla salute né sul portafoglio”. E con il caldo dell’estate, è bene anche fare una spesa anti-afa mettendo nel carrello cibi e bevande che aiutino a compensare la perdita di sali minerali causata dal sudore. 

Irma D'Aria
www.repubblica.it
Luglio 2013

26 luglio 2013

Stretching e musica

I musicisti presentano spesso problemi analoghi a quelli degli atleti dell'alto livello: in realtà anch'essi dedicano diverse ore al giorno all'attività motorie e estremamente specializzate, più spesso costretti in posizioni antifisiologiche dettate dello strumento.

In particolare questi problemi riguardano i musicisti di musica classica: la necessità dell'orchestra classica e romantica di produrre volumi di suono sempre più alti ha profondamente modificato, dalla fine del 1700 in poi, struttura, volume e tensione degli strumenti musicali.
Abbiamo visto così comparire patologie professionali fino ad allora sconosciute tra i musicisti, come l'enfisema polmonare degli Oboisti, l'artrosi del gomito destro delle arpiste come l'artrosi cervicale dei violinisti o degli artisti.

Il fatto che nella maggior parte dei conservatori italiani l'educazione motoria venga completamente trascurata, sia sul piano educativo generale sia su quello specifico relativo alle problematiche dello strumento, non migliora certo la situazione, tant'è che nella nostra esperienza clinica ci capita di osservare un numero sempre crescente di patologia dell'apparato locomotore i musicisti sempre più giovani.
In realtà, molti strumenti musicali obbligano la strumentista a posizioni forzate molto 
asimmetriche; inoltre la pratica di molti strumenti moderni richiede molta forza muscolare e quindi sottopone tendini e articolazioni a sollecitazioni molto superiori a quanto posso immaginare chi non ne ha esperienza diretta.

Naturalmente questi fattori, che sono insiti nella pratica strumentale, incidono molto di più quando vengono amplificati da veri e propri errori di impostazione sullo strumento, caso che purtroppo ci risulta essere molto frequente.
Di seguito verranno riportate alcune specifiche schede di stretching per ciascun strumento musicale, Convinti dall'esperienza che potranno essere di grande aiuto a molte persone che contribuiscono alla serenità è alla gioia dell'umanità con la loro musica a volte prezzo della loro salute.

Pianoforte
Gli strumenti a tastiera sono tra i pochissimi che permettono di mantenere una posizione simmetrica mentre si suona.
Le tastiere richiedono peraltro al musicista di restare seduto mentre suona, senza appoggi per la schiena: stanno per ore impostura assisa, facilmente questi sviluppano ipertono del quadrato dei lombi e degli erettori del tronco e retrazione degli ischiocrurali, che condizionano un atteggiamento iperlordotico della postura eretta. Inoltre, facilmente il tastierista tende ad  assumere posizioni di aumento della cifosi dorsale è di anteposizione del capo, con conseguente diminuzione, o addirittura inversione, della lordosi cervicale.
Questi squilibri pastorali rappresentano in genere la base funzionale su cui si stavano le sintomatologie lombalgiche da cui questi musicisti sono frequentemente colpiti.
Gli esercizi di stretching da eseguire per ovviare a questi problemi sono quelli per gli ischiocrurali, ileopsoas, il quadrato di rombi e gli erettori della colonna.
Agli esercizi di stretching  in senso stretto hanno associato anche un lavoro di mobilizzazione articolare attiva del rachide, in particolare per diminuire la lordosi lombare e la cifosi dorsale e recuperare la lordosi cervicale.
Questi disturbi devono essere prevenuti anche prestando attenzione alle posture che si assumono suonando, regolando con precisione l'altezza del sedile e soprattutto dello strumento, in modo da rispettare l'ergonomia fisiologica della postura assisa; se il musicista suona leggendo è importante che lo partito sia illuminato perfettamente e la scrittura sia sufficientemente grande da poter essere letta agevolmente anche a distanza.
Per la prevenzione sono molto utili esercizi di stretching dei flessori delle dita e del carpo, per la mobilizzazione, la pratica degli esercizi con le sfere cinesi di Baoding.

Chitarra
La maggior parte dei chitarristi professionisti presenta tendiniti alla cuffia dei rotatori della spalla, conseguente all'attivazione dei trigger point dell'infraspinato o del piccolo rotondo, più raramente del sottocapolare: questi muscoli infatti vengono messi in tensione dalla tipica postura del chitarrista.
La chitarra inoltre è uno strumento che richiede una certa forza muscolare dei flessori delle dita: se il musicista non viene educato precocemente a usare solo la forza minima necessaria per produrre i suoni, lo stato di tensione generale di tutto il corpo tende facilmente ad aumentare nel suo insieme.
La posizione accentuata della flessione della coscia sul tronco provoca spesso parestesie e dolori irradiati lungo il decorso del nervo sciatico, come la posizione di marcata lordotizzazione del rachide facilita l'insorgenza di algie lombari; queste sono anche favorite dal fatto che molti chitarristi accentuano anche la cifosi dorsale, quasi "avvolgendosi" attorno allo strumento, per poter meglio vedere la tastiera.
L'assimitricità di questa postura può essere parzialmente corretta cercando di bilanciare al massimo lo strumento tra le spalle: cò implica,tuttavia, che il chitarrista si abitui a suonare senza guardare la tastiera, cosa per molti assai difficile.
Gli esercizi più consigliabili sono l'allngamento dell'infraspnato, piccolo rotondo, sottoscapolare, petorale, trapezio, flessori del carpo e delle dita delle mani, addutori del pollice, ischiocrurali e piriforme, uniti al solito lavoro di mobilizzazione di tutto il rachide.

da"Manuale Professionale di Stretching" di Umberto Mosca et al.,ed.Red

24 luglio 2013

Cuore a rischio per gli uomini che saltano la colazione

Allarme cardiologico più elevato per chi salta regolarmente la colazione del mattino. A mettere in guardia da questo pericolo è uno studio Usa appena pubblicato da ricercatori della Harvard School of Public Health secondo il quale non far colazione è una cattiva abitudine che accresce del 27% il rischio di malattie al cuore ed espone ad attacchi cardiaci fatali più frequenti della media. «Saltare regolarmente la colazione mette le persone a rischio di pressione alta, diabete, colesterolo alto, fattori che possono condurre a malattie cardiache» ha spiegato al The Indipendent Leah Cahil,autrice principale dello studio.
LO STUDIO - La ricerca, condotta fra il 1992 e il 2008 su un campione di 27.000 individui di sesso maschile fra i 45 e gli 82 anni, disposti a partecipare a un'indagine complessiva sull'alimentazione e le sue conseguenze sulla salute, ha rivelato un aumento del 27% del fattore di rischio cardiologico - e in particolare di mortalità per insufficienza coronarica - fra coloro che erano soliti saltare la prima colazione. I ricercatori hanno individuato che nella categoria di chi salta la colazione rientrano con maggiori probabilità fumatori, single, consumatori di alcol, persone sedentarie. Gli scienziati sono comunque stati in grado di isolare questi altri fattori sugli effetti negativi sulla salute. «Quando il fisico è a digiuno si attiva una "modalità protettiva" che fa aumentare la pressione del sangue, di insulina e colesterolo. Se non si fa colazione al mattino per il fisico è un ulteriore sforzo dopo un digiuno durato tutta la notte» ha chiarito Leah Cahil. Ripetere negli anni questa cattiva abitudine può sviluppare un'insulino-resistenza che porta a colesterolo alto, pressione alta, tutti fattori di alto rischio cardiaco.
SPUNTINI DI NOTTE - Gli studiosi hanno anche scoperto che gli spuntini a tarda notte possono avere conseguenze pure peggiori di saltare la colazione. Sebbene un piccolo campione abbia confessato di mangiare di notte, si è visto che in questi casi il rischio di malattie cardiache aumenta del 55%. «Sovraccaricare il fisico alimentandosi di notte - spiega ancora la ricercatrice - non permette al corpo di digerire correttamente, e anche in questo caso la cattiva abitudine alimentare può causare gli stessi effetti: ipertensione, aumento di peso, cambiamenti dei livelli di zucchero nel sangue e dunque maggiore rischio cardiologico»
Cristina Marrone
www.corriere.it
23 luglio 2013

23 luglio 2013

Fattori di crescita autologhi in medicina sportiva e estetica

L'uso dei fattori di crescita è una terapia innovativa che apre nuove prospettive di guarigione per migliaia di persone che soffrono di problemi ortopedici e non solo.
Si tratta di un trattamento con infiltrazioni di plasma autologo ricco in piastrine (PRP).


Le piastrine: come funzionano
a chiunque è capitato di procurarsi un taglio o una lesione sanguinante della pelle o anche dei tessuti sottostanti, o perfino una frattura. Cosa ha permesso l'arresto della perdita di sangue e, soprattutto, ha consentito che si riformasse un tessuto sano? La risposta è nelle piastrine, piccole cellule che circolano nel sangue e "guidano" la rigenerazione dei tessuti attraverso il rilascio di particolari sostanze: I Fattori di crescita. 
Da un modesto prelievo di sangue (molto meno di una donazione) si può ottenere il cosiddetto Plasma ricco di Piastrine o PRP.

Effetti e vantaggi del PRP
Il PRP è una sostanza naturale derivata dallo stesso paziente, per cui non esistono effetti collaterali quali allergie o intolleranze. E' privo di tossicità, stimola i processi riparativi e la crescita dei tessuti lesi sui quali è applicato attraverso la stimolazione della proliferazione cellulare, dei normali processi bioriparativi e rigenerativi e rivascolarizzazione dei tessuti.

Indicazioni
Il gel piastrinico è utilizzato già da anni in chirurgia ortopedica come nei seguenti casi:
• artrosi e altre lesioni della cartilagine (osteocondriti, ecc);
• pseudoartrosi, ritardo di consolidamento osseo;
• tendiniti (acute e croniche);
• tendinopatie (acute e croniche);• lesioni e traumi muscolari (strappi, stiramenti, ecc);
• lesioni traumatiche di legamenti,
ma anche in in medicina estetica per la biorivitalizzazione e il ringiovanimento cutaneo.
La biostimolazione con il gel piastrinico può essere indicata sia nelle pelli giovani a partire dai 28-30 anni come prevenzione, sia nelle pelli mature come trattamento dell’invecchiamento cutaneo. Questa procedura può essere effettuata, a seconda dei casi, a livello di volto, collo, décolleté, dorso delle mani, addome, parte interna delle braccia e delle cosce.


Il trattamento
Si preleva dal Paziente un piccolo quantitativo di sangue venoso, che viene poi opportunamente centrifugato, in modo da ottenerne la separazione nella frazione contenente i globuli rossi, che viene scartata, e quella contenente plasma e piastrine, che viene invece recuperata e trattata con un attivatore piastrinico.
Il gel piastrinico così ottenuto viene quindi subito reiniettato nel derma dello stesso Paziente da cui è stato prelevato.


Testimonianze
La metodica è stata utilizzata da celebri atleti, tra cui il campione di Golf Tiger Woods ed i vicnitori del Superbowl Hines Ward e Troy Polamalu.
Di consguenza sono stati realizzati servizi divulgativi da importanti media americani.

"Il trattamento dei fattori di crescita autologhi", dott. Davide Caldo
www.imsdiroma.it
www.araco.it

19 luglio 2013

Carote e pomodori proteggono dal sole (se non si fuma)

Pomodori, carote, albicocche e gli altri vegetali ricchi di carotenoidi hanno un effetto protettivo, evidenziato da molteplici studi, nei confronti di varie malattie croniche, inclusi tumori, malattie cardiovascolari e degenerazione maculare senile. D'estate c'è un motivo in più per parlare di carotenoidi, perché questi pigmenti, e in particolare il licopene (al quale il pomodoro deve il colore rosso) e il betacarotene (il pigmento giallo-arancio di carote e albicocche), che si concentrano nella cute, sono uno dei principali sistemi difensivi usati dalla pelle per contrastare gli effetti nocivi delle radiazioni solari .


LO STUDIO - Ma che cosa influenza la concentrazione cutanea di queste sostanze? Se lo sono chiesto alcuni ricercatori tedeschi che, in uno studio pubblicato sul Journal of Biomedical Optics, hanno ripetutamente valutato, nel corso di un anno, i livelli cutanei di licopene e di beta carotene di dieci persone sane. Di ciascuna, ad ogni valutazione, sono state analizzate la dieta e vari fattori legati allo stile di vita. I carotenoidi cutanei sono risultati più elevati durante l’estate e l’autunno, in associazione con un maggior consumo di frutta e verdura; la presenza di fattori stressanti (quali affaticamento, malattia, fumo, abuso di alcolici) portava ad una riduzione di questi livelli, riduzione che avveniva in modo repentino (entro un giorno dall’evento stressante), mentre la risalita richiedeva anche tre giorni.
EFFETTI - «Nel nostro organismo - commenta Isabella Savini, professore nel Corso di laurea in Scienze della Nutrizione Umana dell'Università di Roma Tor Vergata - il betacarotene e altri carotenoidi svolgono molteplici funzioni biologiche (precursori della vitamina A, attività antiossidante, regolazione dei processi di proliferazione e differenziamento cellulare) ed è per questo che le condizioni di stress ci portano a un rapido consumo delle loro riserve. In particolare, a livello cutaneo il betacarotene e il licopene hanno un'azione fotoprotettiva "multipla" (per esempio, neutralizzano i radicali liberi indotti dai raggi UV e limitano i danni al Dna), riducendo così il rischio di melanoma». «È importante sottolineare - prosegue Savini - che questi effetti benefici, osservati in seguito a diete ricche in carotenoidi, non vengono incrementati dall'assunzione di carotenoidi attraverso i supplementi. Un apporto adeguato di vegetali è quindi la scelta migliore per garantire una buona salute alla cute e a tutto l'organismo».

www.corriere.it
17 luglio 2013 

17 luglio 2013

Protesi al ginocchio e il ritorno allo sport: realtà o utopia?

È ormai universalmente noto il numero di benefici, in senso salutistico generale, connessi alla pratica costante di un'attività sportiva sebbene siano state anche introdotte delle ricerche che dimostra l'aumento dell'incidenza di osteoartrosi in atleti paragonati e sedentari.
Per questo pure nel paziente protesizzato la ripresa di un'attività sportiva e/o ricreativa costituisce sempre un non trascurabile valore aggiunto. Tuttavia, i pazienti spesso sottostimano i possibili problemi correlati alla sostituzione protesica di un'articolazione e sovrastimano le  aspettative di recupero.
Tali aspettative sono create da noti dati di eccellenti risultati clinici, dal marketing ortopedico, da quello diretto ai pazienti, da informazione e disinformazione reperibili su Internet.
È comunque innegabile che gli interventi protesici consentano ai pazienti con patologia degenerativa articolare di incrementare la loro attività fisica.
Tuttavia, non possiamo ignorare i rischi connessi alla ripresa di un'attività sportiva dopo aver subito un'impianto protesico che, schematicamente, possono essere ricondotti a:

  • il rischio di incorrere in instabilità articolare; 
  • lo scollamento protesico; 
  • l'usura della componente protesica.
In funzione di questo esistono tre possibili categorie di attività sportive per i pazienti protesizzati che intendano a riavvicinarsi allo sport:
  • le attività sportive raccomandate; 
  • le attività sportive raccomandate sono i soggetti già esperti nelle stesse; 
  • le attività sportive sconsigliate.

Le attività sportive raccomandate
In questa categoria ritroviamo: 
  • la bicicletta; 
  • il nuoto; 
  • il ballo da sala; 
  • il tiro con l'arco, il tiro al piattello, il tiro al volo; 
  • il Walking; 
  • il golf.
A proposito di quest'ultimo, dobbiamo ricordare che, pur essendo uno sport apparentemente privo di importanti sollecitazioni funzionali a livello degli arti inferiori, comporta per un soggetto destrorso un'ingente sforzo di tipo torsionale e livello dell'articolazione del ginocchio sinistro, determinata da un problema di "duplice rotazione", chi avviene sia nel momento della fase ascendente della mazza sia in quello di impatto con la pallina.

Queste attività dovrebbero essere incoraggiate in tutti i pazienti, soprattutto considerando il loro impatto positivo sulla salute e sul benessere generale del paziente stesso.


Le attività sportive raccomandate soggetti già esperti
In questa categoria ritroviamo tutti quelli sport raccomandabili/consentibili solamente a soggetti che abbiano già avuto modo di accumulare precedentemente una buona pratica delle attività stesse e che presentino un'ottima forma fisica.
In quest'ambito di troviamo: 

  • attività aerobica a basso impatto; 
  • ciclismo (in questo caso si differenzia dalla pratica della semplice bicicletta poc'anzi menzionata); 
  • bowling; 
  • canottaggio; 
  • trekking, avendo cura di limitare il più possibile i percorsi in discesa, cosa certamente non facilmente attuabile; 
  • equitazione (ponendo attenzione a mantenere una "staffatura lunga");
  • sci di fondo;
  • scherma;
  • body building;
  • pattinaggio su ghiaccio;
  • tennis (vedi approfondimento).
Le attività sportive sconsigliate
In quest'ultima categoria ritroviamo sostanzialmente tutti gli sport ad alto impatto e/o "di contrasto", che possono danneggiare le componenti protesiche compromettendone la funzionalità; ricordiamole brevemente:
  • calcio;
  • rugby;
  • basket;
  • pallavolo;
  • pallamano;
  • alpinismo;
  • lotta;
  • judo;
  • corsa;
  • ginnastica;
  • aerobica ad alto impatto.

Conclusioni
Possiamo concludere che in linea generale lo sport non è assolutamente precluso al soggetto portatore di protesi di ginocchio( sia totale, ma ancor più compartimentale), ma è innegabile che una protesizzazione consenta solamente la pratica di alcune e bene determinate attività sportive.
Per questa ragione, non solo il paziente deve necessariamente essere correttamente consigliato e indirizzato, ma si rivela di ancor maggior più importanza che agisca cum granum salis e tenti di riprendere l'attività sportiva solamente dopo aver affrontato un corretto percorso riabilitativo e un altrettanto cauto e progressivo percorso di riavvicinamento alla pratica sportiva stessa. Bisogna, comunque, precisare che le continue innovazioni in campo protesico, sia a livello di materiali utilizzati sia delle tecniche chirurgiche adottate, stanno permettendo a una sempre più alta percentuale di pazienti protesizzati la pratica sportiva, ampliando la gamma di attività praticabili.


Approfondimento: Il tennis
Uno studio effettuato su 33 giocatori di tennis esperti ( anche se non professionisti) analizzati a un follow up medio di 8 anni dopo intervento di protesi di ginocchio, ha mostrato come tutti siano in grado di tornare dopo l'intervento al grado competitivo precedente.
Per tutti, si è registrata una significativa riduzione del dolore e una maggiore mobilità, solamente alla velocità di gioco è risultata minore.
Tutti i giocatori sono stati soddisfatti del risultato clinico e dei loro comportamenti alla ripresa dell'attività tennistica, confermando in tal modo come i giocatori di tennis classificabili come esperti possano ritornare a giocare a un buon livello dopo l'intervento di protesizzazione.
Le limitazioni dello studio erano il follow up relativamente breve e il fatto che non siano stati considerati giocatori di livello tecnico inferiore.

Biscotti GianNicola e Eirale Cristiano
Scienza e Sport
Apr-Giu 2013






16 luglio 2013

Il futuro della medicina: la cura della Supercolla

Unico tra i grandi organi del corpo umano, il fegato ha una notevole capacità di recuperare dopo una lesione. Si può perderne una larga parte a causa di un incidente o per un intervento chirurgico, ma basta conservare almeno un quarto dell'organo intatto e senza cicatrici perché torni a dimensioni e funzionalità normali.
Purtroppo altre parti dell'organismo non hanno la stessa capacità. Una salamandra può far crescere la coda, ma noi non possiamo rigenerare una gamba amputata o rinnovare le aree del cervello perse a causa del morbo di Alzheimer. Per riuscirci abbiamo bisogno di aiuto: ed è questa la promessa di una disciplina emergente, la medicina rigenerativa.
Le cellule staminali, cellule progenitrici in grado di dare origine a una varietà di tessuti, hanno un ruolo di primo piano in questa ricerca. Gli scienziati stanno imparando a mescolare un insieme di molecole di zucchero, proteine e fibre per creare un ambiente in cui le cellule staminali possono svilupparsi nel tessuto  di ricambio voluto. Come illustrano le storie dei paragrafi seguenti, sono stati compiuti importanti progressi nel sostituire tessuti cardiaci danneggiati e costruire muscoli, ed è alle prime fasi lo sviluppo di nuove cellule nervose. Alcune di queste terapie potrebbero uscire dai laboratori tra pochi anni, mentre altre potrebbe arrivare tra decenni, o addirittura non arrivare mai. Ecco alcune delle più promettenti.

Per anni i biologi sono stati così concentrati sul funzionamento interno delle cellule da dimenticare quasi completamente la "colla"che tiene insieme in un organismo, umano o no.
Ma una volta guardato a fondo nella materia tra le cellule (la cosiddetta matrice extracellulare) si è capito quanto sia dinamica tutta l'organizzazione. Non solo questa matrice fornisce l'impalcatura necessaria per evitare che i tessuti e gli altri organi si dissolvano in una zuppa appiccicosa, ma rilascia anche segnali molecolari che, tra le altre cose, aiutano l'autoriparazione d'organismo.
Partendo da questa scoperta è stato sviluppato nuova approccio all'ingegneria dei tessuti, in cui il potere rigenerativo dell'impalcatura naturale ha il ruolo di protagonista.
È una visione che si sta rapidamente tramutando in realtà. È da meno di 10 anni che la matrice extracellulare viene usata in chirurgia per riparare le ernie addominali, cioè punti indeboliti dei muscoli del tessuto di supporto che circonda l'intestino. Ora si sta cercando di far crescere tendini all'interno dell'organismo, e in un futuro non troppo remoto si spera di poter rigenerare in modo affidabile gruppi muscolari anche grandi, e perfino organi.
Non sorprende dunque il fatto che il Department of Defense statunitense, che ha una triste esperienza della cura di soldati chiamo subito ferite al petto o agli artii a causa di congegni esplosivi in Iraq e in Afghanistan, abbia finanziato con decine di milioni di dollari molte di queste ricerche.
Oggi Badylak e i suoi colleghi stanno utilizzando la matrice extracellulare per curare 80 pazienti con gravi danni muscolari subìti almeno sei mesi prima dell'intervento. Dopo un intenso regime di fisioterapia, destinata a garantire che l'organismo abbia sostituito tutti tessuti muscolari che poteva, i medici riaprono le ferite, rimuovono tutto il tessuto cicatriziale formato e inseriscono l'impalcatura biologica collegandola al tessuto sano più vicino.
I primi risultati sono incoraggianti, racconta Babylak. Se tutto dovesse proseguire positivamente, il ricercatore spera di pubblicare i risultati riguardanti i primi cinque pazienti nel giro di pochi mesi.

Christine Gorman
Le scienze 
Luglio 2013


12 luglio 2013

Cos'è l'Osteopatia?



"Ho pensato che l'osso, osteon, fosse il punto da cui dovevo partire per accertare la causa delle condizioni patologiche e così ho messo insieme "osteo" con "patia" e ho ottenuto Osteopatia".
(Still, A.T. Autobiografia, 1897, p.98)

"L'osteopatia è la regola del movimento, della materia e dello spirito, dove la materia e lo spirito non possono manifestarsi senza il movimento; pertanto noi osteopati affermiamo che il movimento è l'espressione stessa della vita".
(Still, A.T., 1892)

L’osteopatia è un sistema di diagnosi e trattamento che pur basandosi sulle scienze fondamentali e le conoscenze mediche tradizionali (anatomia, fisiologia, ect..) non prevede l'uso di farmaci né il ricorso alla chirurgia, ma attraverso manipolazioni e manovre specifiche si dimostra efficace per la  prevenzione, valutazione ed il trattamento di disturbi che interessano non solo l'apparato neuro-muscolo-scheletrico, ma anche cranio-sacrale (legame tra il cranio, la colonna vertebrale e l'osso sacro) e viscerale (azioni sulla mobilità degli organi viscerali).
Inoltre a differenza della medicina tradizionale allopatica, che concentra i propri sforzi sulla ricerca ed eliminazione del sintomo, l'osteopatia considera il sintomo un campanello di allarme e mira all'individuazione della causa alla base della comparsa del sintomo stesso.


Nascita dell'Osteopatia
L'osteopatia nasce in America verso la metà dell'ottocento, epoca in cui il paese sta cercando di affermarsi sulla scena mondiale.
Questo è il mondo in cui nasce in Virginia nel 1828 il padre dell’osteopatia, Andrew Taylor Still.
In quel periodo anche la medicina sta cercando di trovare la propria strada e si sta spostando dalla concezione ortodossa che utilizzava vescicanti, purganti e salassi alla visione alternativa della cura naturale come l’omeopatia e altre forme di guarigione spirituale come l’ipnosi e simili.
Scoppia così nel 1861 la guerra civile americana, una vera e propria lotta per l’indipendenza e Still si arruola nell’arma come chirurgo.
Tornato a casa deve affrontare un grosso trauma, la perdita di 3 figli per meningite spinale e di una figlia per polmonite.
Ovviamente distrutto per il fatto che la medicina non è stata in grado di salvare la sua famiglia in aggiunta alle sofferenze vissute in guerra, inizia la propria ricerca personale per comprendere meglio la salute e la malattia e trovare mezzi di guarigione più efficienti.


I principi dell'Osteopatia

Unità del corpo
Come metodologia olistica (dal greco olos=tutto) l'osteopatia considera l'individuo nella sua globalità: ogni parte costituente la persona (psiche inclusa) è dipendente dalle altre e il corretto funzionamento di ognuna assicura quello dell'intera struttura, dunque, l'equilibrio psicofisico e il benessere.
Relazione tra struttura e funzione
Un corretto equilibrio tra struttura e funzione regala al nostro corpo una sensazione di benessere. Qualora tale equilibrio venga alterato (a causa di un trauma per esempio) si parla di disfunzione osteopatica, ossia di una restrizione di mobilità e perdita di movimento in una parte del nostro corpo (ossa, muscoli, organi, etc..).
Autoguarigione
In osteopatia non è il terapeuta che guarisce, ma il suo ruolo è quello favorire la capacità innata del corpo ad auto curarsi.


Le tecniche osteopatiche
Il trattamento osteopatico può avvalersi di numerosi metodi e tecniche di trattamento. Gli osteopati le utilizzano indifferentemente in funzione delle necessità terapeutiche.
Una classificazione possibile è quella che fa riferimento a queste tre grandi famiglie:
Tecniche strutturali 
La tecniche strutturali sono definite tali poiché ristabiliscono la mobilità della struttura ossea.
La specificità e la rapidità delle manipolazione consente il recupero della mobilità articolare. 
Hanno una forte influenza neurologica, oltre che puramente meccanica, in quanto favoriscono l’emissione di corretti impulsi dalle e alle terminazioni della parte trattata.
Tecniche cranio-sacrali
Le tecniche craniali agiscono sul movimento di congruenza fra le ossa del cranio e il sacro, ristabilendone il normale “meccanismo respiratorio primario”, ossia quella combinazione di parti ossee, legamentose, muscolari, e fasciali che consentono il riequilibrio e l’armonia delle funzioni craniosacrali. 
Con queste tecniche si agisce in particolare sulla vitalità dell’organismo, qualità fondamentale che permette agli esseri viventi di reagire con efficacia agli eventi di disturbo provenienti dall’ambiente esterno e da quello interno.
Le tecniche viscerali 
I visceri si muovono in modo specifico sotto l'influenza della pressione diaframmatica. Questa dinamica viscerale può essere modificata (restrizione di mobilità) o scomparire. Applicando una tecnica specifica, l’osteopatia permette all'organo di trovare la sua fisiologia naturale ed i disordini legati alla restrizione di mobilità saranno così corretti. Inoltre esiste da un punto di vista anatomico e funzionale una relazione tra i visceri e la struttura muscolo-scheletrica; una cattiva funzione della struttura (colonna vertebrale), può influenzare uno o più visceri e viceversa. Si possono trovare, in persone che soffrono di mal di schiena, problemi di mobilità del fegato, del colon, del rene o dell'utero. Il trattamento osteopatico mira, attraverso l'addome ed il diaframma, a ristabilire una buona mobilità viscerale.

Quando rivolgersi all’osteopata
Le disfunzioni meccaniche dell’apparato muscolo-scheletrico che causano dolori rappresentano circa l’80% delle consultazioni sanitarie correnti. La sempre maggiore richiesta d’intervento non convenzionale in questo specifico settore è giustificata dal fatto che la terapia allopatica, incentrata per lo più sul trattamento dei sintomi, troppo spesso non è in grado di fornire un’adeguata risposta risolutiva a tali problemi.
La terapia osteopatica tratta:
  • Traumi sportivi - Distorsioni
  • Tutti i dolori della colonna vertebrale: cervicalgie, dorsalgie, lombalgie
  • Cefalee e/o emicranie
  • Stress
  • Incidenti automobilistici o d’altro genere
  • Esiti cicatriziali, postoperatori o da trauma
  • Conseguenze di bronchiti e/o polmoniti
  • Dolori mestruali
  • Disturbi gastrointestinali
  • Trattamenti ai neonati come forma di prevenzione o in presenza di coliche gassose, vomito a getto, pianto inconsolabile, insonnia e malattie ricorrenti e quindi predisposizione e abbassamento delle difese; infezioni recidivanti, specialmente croniche a carico dell’orecchio (otite)
  • Disfunzioni dello sviluppo neurologico e difficoltà scolastiche come: dislessie, carenze d’attenzione
  • Problemi comportamentali
  • Deglutizioni scorrette e male occlusioni
  • Conseguenze di traumi da parto come torcicollo miogeno.
L’aspetto fondamentale dell’osteopatia è la prevenzione in quanto il trattamento osteopatico, ottimizzando il funzionamento naturale del nostro organismo, lo aiuta a mantenere lo stato di salute. Spesso alcuni segni, quindi disfunzioni, anche poco evidenti, possono portare a disturbi del sistema neuro-muscolo-scheletrico che, se trascurati, nel tempo possono organizzarsi in processi organici, e diventare patologie.
Il caso in cui si può parlare più concretamente di prevenzione è quello dei neonati. Traumi da parto, più o meno gravi e quindi più o meno evidenti (determinati per lo più da parti non “naturali”, ad esempio dall’uso del forcipe, della ventosa, di farmaci come l’ossitocina, dalla pratica della “manovra di Kristeller” o dal cesareo) sono spesso facilmente risolvibili in età neonatale.
È molto importante, quindi, fare una valutazione osteopatica del funzionamento delle strutture meccaniche e dei principali apparati del neonato.
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