27 settembre 2013

La triade di Venere

Ossa, ciclo mestruale e alimentazione sono i punti deboli delle donne runners. E non vanno mai sottovalutati.

Tre è il numero perfetto, ma non per le runners donne. Alterazioni del ciclo mestruale, disturbi alimentari e fratture da stress costituiscono la "triade" che affligge molte podiste. Il realtà solo il 5% delle atlete di alto livello ha realmente la triade, nella maggior parte dei casi le donne soffrono di una sola delle sue componeneti. Ma vediamole nel dettagli una per una.

UNA FAME DISORDINATA
I disturbi dell'alimentazione interessano almeno il 50% delle atlete contro il 27% dei maschi, e le atlete professioniste negli sport dove la magrezza è enfatizzata come condizione essenziale per la performance ne sono colpite.
Talvolta l'apporto calorico delle atlete è insufficiente a coprire il dispendio energetico della pratica sportiva ed è appena uguale a quello delle coetanee sedentarie. Il basso apporto calorico può essere cronico o intermittente. LA pressione psicologica creata da allenatori, parenti, dirigenti sul peso ideale possono favorire l'instaurarsi di disordini dell'alimentazione quali anoressia o la bulimia nervosa. Le ragazze che si presentano eccessivamente magre, che hanno un'immagine distorta del proprio corpo o che soffrono di amenorrea (mancanza del ciclo mestruale) devono essere indagate per l'anoressia atletica. 
Una valutazione completa di questi casi dovrebbe comprendere lo studio dell'apporto calorico, del peso, degli aspetti psicologici e degli esami di laboratorio. Questi ultimi dovrebbero indagare lo stato del ferro, la funzione tiroidea, il dosaggio degli estrogeni (estradiolo) e della vitamina D, la mineralometria ossea (MOC) e la plicometria.
Le conseguenze di un' apporto calorico insufficiente nelle runners sono:

  • riduzione delle funzioni endocrine, con conseguente amenorrea;
  • diminuzione della densità ossea, con aumento del rischio di fratture da stress;
  • comprommissione dell'immunità, con la facilità a contrarre infezoni;
  • riduzione dell'assunzione di micronutrienti;
  • fatica inusuale;
  • variazione giornaliera della capacità di allenamento;
  • alterazione dell'umore;
  • frequenti infortuni o malattie.
CICLO IRREGOLARE
I disturbi dell'alimentazione e le modificazioni endocrine che accompagnano l'intensa attività fisica possono causare disturbi del ciclo metruale. Molte atlete presentano ritardo o amennorea o anche cicli mestruali senza ovulazione (anovulatori).
Le alterazioni del ciclo sono presenti nel 5% delle donne, ma in quelle che praticano gli sport di resistenza si arriva al 50%. Le alterazioni sono dovute in parte al basso peso corporeo e alla bassa percentuale di tessuto adiposo che causano diminuzione nella produzione di estrogeni, in parte allo stress fisico e mentale che determina l'aumento della produzione di prolattina dall'ipofisi e, di conseguenza, una diminuzione delle gonadotropine ipofisarie e degli estrogeni. Lo stretto rapporto fra peso corporeo e incidenza dei disturbi del ciclo mestruale è ampiamente dimostrato, così come le alterazioni della funzione ipotalamica causate da stress psicologici. Gli ormoni che durante l'attività fisica sono rilasciati in quantità elevata e possono interferire con l'ipotalamo sono soprattutto il cortisolo e le beta endorfine.
Se le alterazioni del ciclo mestruale sono saltuarie non si creano particolari problemi, ma quando sono di lunga durata possono comportare la formazione di cisti ovariche (policistosi ovarica) o ad osteoporosi. Le mestruazioni ritornano alla normalità con la cessazione dell'attività sportiva dovuta a infortunio, con la riduzione del carico degli allenamenti prima e alla fine della stagione, con il termine dell'attività agonistica.

OSTEOPOROSI E FRATTURE DA STRESS
Le alterazioni del ciclo, l'inadeguata liberazione di estrogeni e di progesterone, gli alti livelli di prolattina, alterano la deposizione di calcio nelle ossa e ne riducono la densità. 
La perdita dell'osso è molto rapida nei primi due o tre anni di disturbi del ciclo mestruale (circa il 4% per anno), per continuare poi a ritmo inferiore. Per dare un'idea, le atlete ventenni con amenorrea e bassi valori di estrogeni hanno una densità dell'osso inferiore alle donne cinquantenni in menopausa. Il rischio di incorrere in una frattura da stress è molto più alta nelle atlete con amenorrea (54%) rispetto a quelle che hanno un normale ciclo mestruale (17%).
sulla possibilità che, dopo la cessazione dell'attività agonistica, l'incremento del peso e il ritorno alla regolarità del ciclo mestruale si accompagni al recupero della densità dell'osso, i pareri sono controversi. Alcuni ricercatori sostengono che le atlete possano recuperare anche il6% della densità ossea nelle vertebre, per altri avranno invece sempre una densità ossea inferiore.

CHE COSA FARE?
L'attività sportiva di tutte le runners che hanno disturbi alimentari e del ciclo mestruale dev'essere gestita con un buon senso, evitando eccessivi stress agonistici e psicologici. In alcuni casi è opportuno ridurre le gare e il volume dell'allenamento.
Quando i valori di FSH (ormone follicolo stimolante) sono oltre la norma e quelli di estradiolo sono bassi, molti ginecologi consigliano l'assunzione della pillola contraccettiva per regolarizzare il ciclo mestruale tramite dosi adeguate di estrogeni e progesterone. Non tutte le ragazze, però, ne sopportano gli effetti collaterali e quindi in questi casi è opportuno integrare l'alimentazione con l'assunzione di calcio e vitamina D. L dose giornaliera raccomandata di assunzione di calcio è di 1200 mg, mentre la dose giornaliera di vitamina D utile per la prevenzione delle fratture è di 400 IU/die.
In tutte le atlete, anche giovani, che lamentano disturbi importanti del calcio, la salute delle ossa va controllata con una MOC vertebrale e dell'anca.

Sergio Migliorini
da rivista "Runners"
Settembre 2013

23 settembre 2013

Frutta e verdura per affrontare l'autunno


Frutta non solo d'estate, col caldo. Ma anche con l'approssimarsi dell'autunno "mangiare frutta e verdura significa avere un apporto insostituibile di amidi, vitamine, fibre e sostanze antiossidanti".
Lo afferma il direttore dell'Unità di Ricerca per la frutticoltura di Forlì del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura (Cra), Walther Faedi, nel ricordare che la Fao e l'Organizzazione Mondiale della Sanità hanno suggerito il consumo di almeno 400 grammi di frutta e verdura al giorno, possibilmente in cinque momenti diversi della giornata.
"Diverse forme di tumore, disturbi respiratori, intestinali, come la stipsi, e persino la cataratta - continua Faedi - possono essere rischi ridimensionati con una dieta ricca di frutta e verdura".
Ma quanto mangiare e cosa scegliere? Con la regola del 5 si intendono 2 porzioni di verdura e 3 di frutta, come minimo, ogni giorno. Per porzioni si intende, ad esempio, un frutto intero (mela, pera, arancia) o 2-3 piccoli (albicocche, susine), un piatto di insalata (almeno 50 grammi), un mezzo piatto di verdure cotte o crude, una coppetta di macedonia o un bicchiere di spremuta o di centrifugato.
In generale, per un adulto con una dieta da 2000 calorie al giorno, si calcolano 50 grammi di insalata, 250 grammi di ortaggi (a crudo) e 150 grammi di frutta per ogni porzione. Di stagione sono le mele che, secondo gli studi Cra, sono ricche di acqua, fibra vitamine (A e C) e sali minerali. La mela è infatti ricca di potassio magnesio e calcio ma povera di sodio, rendendola indicata a tutti i tipi di diete. La fibra regola il senso di sazietà; in particolare le pectine della buccia insieme all'acido ursolico, agli acidi organici malico e citrico regolano le attività intestinali, e il livello di glicemia nel sangue.
Per questo motivo le mele sono chiamate "brucia grassi". Mentre la pera è ricca di fibra solubile ed insolubile: una pera fornisce circa il 16% delle fibre necessarie al fabbisogno quotidiano. E l'elevato contenuto di potassio, fa della pera un alimento molto utile ai fini di prevenire disturbi quali tensione arteriosa, depressione, stanchezza. Il calcio ed il fosforo, presenti anch'essi in grande quantità, svolgono un'azione protettiva sulle ossa.
ANSA
11-09-2013

19 settembre 2013

Attività fisica, quando ci vuole il certificato

MILANO - State per iscrivervi in palestra o in piscina? Sappiate che da quest'anno non è più necessario il certificato medico di buona salute. È invece obbligatorio farselo rilasciare per i vostri figli se partecipano ad attività parascolastiche organizzate al di fuori dell'orario curricolare, senza che sia necessario, tuttavia, eseguire esami medici più approfonditi, a meno che il pediatra o il medico di famiglia non lo ritenga opportuno. È quanto prevedono le nuove norme entrare in vigore a fine agosto che aboliscono l'obbligo del certificato medico di idoneità per l'attività ludico-motoria e amatoriale, mantenendolo, invece, in caso di attività sportiva non agonistica.
QUANDO SERVE - Ma qual è la differenza tra i due tipi di attività e, di conseguenza, quando il certificato medico va fatto o no? «Le attività sportive amatoriali, come per esempio andare in palestra o giocare a calcetto con gli amici, si svolgono in forma autonoma, e di solito non richiedono un impegno cardiaco importante né competizione - spiega Guido Marinoni, vicesegretario di Fimmg Lombardia (Federazione italiana dei medici di medicina generale) e membro del Comitato centrale della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (FnOmceo) -. Chi invece partecipa, per esempio, a un torneo di calcetto, svolge attività sportiva non agonistica, come pure gli alunni che seguono attività parascolastiche organizzate dal Coni o dagli istituti in orario extracurricolare. In questi casi il certificato medico è obbligatorio, mentre non serve per l'ora di educazione fisica». Fin qui sembrerebbe tutto chiaro, ma non è così secondo medici di famiglia e pediatri, che segnalano il rischio di confusione. Vediamo perché.
I RISCHI - «Potrebbe accadere che, anche quando non è più necessario il certificato medico, i gestori di palestre e piscine continuino a richiederlo, allo scopo di tutelarsi - sottolinea Marinoni -. Noi medici siamo tenuti a rilasciarlo, anche se faremo presente al nostro assistito che non è più obbligatorio. In assenza di chiarimenti forniti dal Ministero della Salute, dovremo attenerci alle procedure diagnostiche indicate dal "Decreto Balduzzi", in vigore da luglio, sia per le diverse tipologie di attività motoria sia, per esempio, in presenza di patologie croniche o determinati fattori di rischio». Da qui la richiesta di una circolare ministeriale interpretativa da parte del segretario della Fimmg Giacomo Milillo, anche «per dare ai medici la certezza delle responsabilità che si assumono». Il "Decreto Balduzzi", poi, aveva introdotto l'obbligo dell'elettrocardiogramma per il rilascio dei certificati medici non agonistici. «Ora la nuova norma ha abrogato l'obbligo di questo esame - chiarisce Rinaldo Missaglia, segretario nazionale del Sindacato medici pediatri di famiglia (Simpef ) -. Spetta comunque al medico di famiglia o al pediatra stabilire annualmente, dopo anamnesi e visita, se l'assistito deve fare ulteriori accertamenti, come l'ecg. Del resto, già lo facciamo quando abbiamo un dubbio diagnostico o un sospetto clinico».
IL QT LUNGO - Medici di famiglia e pediatri, però, temono che la scelta di non eseguire un esame come l'elettrocardiogramma potrebbe anche configurarsi come "imprudenza" in un eventuale contenzioso legale. «L'ecg può mettere in evidenza anomalie pure in assenza di qualsiasi indizio clinico, come per esempio nel caso della sindrome del QT lungo - fa notare Giuseppe Mele, presidente dell'Osservatorio nazionale sulla salute dell'infanzia e dell'adolescenza -. Se fossero introdotti gli screening, potremmo intervenire precocemente, nonché prevenire alcune patologie cardiache».



www.corriere.it
11 settembre 2013


Rivista "Il nuovo club" luglio-agosto 2013

16 settembre 2013

Lo yoga fa bene al cuore: un antidoto contro l'aritmia


Lo yoga, oggi, non è più per gli orientali spiritualità e per noi occidentali, tanto distanti dal loro modo di concepire vita, morte e aldilà, semplice ginnastica, ma anche oggetto di approfondite ricerche scientifiche, finalizzate a confermare o invalidare quanto di questa antica disciplina indù si va dicendo da diverso tempo. Dagli anni ‘80 a oggi, pensate, sono stati pubblicati su riviste scientifiche internazionali, assolutamente attendibili, oltre 1000 studi sullo Yoga e il suo impatto sull’organismo e sulle differenti malattie che possono aggredirlo. Ebbene, anche gli studiosi più rigorosamente agnostici hanno dovuto ammettere, pur forse senza avvallare totalmente le relazioni esistenti di causa - effetto, i benefici di questa pratica in diversi ambiti strettamente medici.
RESPIRO, CERVELLO E SALUTE. La respirazione, una funzione del sistema neurovegetativo autonoma e indipendente dalla nostra volontà (noi possiamo unicamente intervenire sul suo ritmo ed estensione) è controllata attraverso degli specifici neuroni collocati nel midollo allungato, la parte più antica dell’encefalo. Sono loro, infatti, che ordinano ai motoneuroni siti nella colonna vertebrale di attivare il diaframma e con esso tutti i gruppi muscolari coinvolti nella respirazione e, sempre loro condizionano ritmo cardiaco e pressione arteriosa. Questo è quanto il nostro organo pensante compie, ma a sua volta, la respirazione influenza sia la quantità, che la qualità del sangue che arriva al cervello. In pratica, la percentuale di ossigeno e anidride carbonica presenti nel flusso sanguigno.
RESPIRAZIONE YOGA. Il ritmo respiratorio è molto più lento e l’inspirazione avviene in tre tempi, mobilitando dapprima il diaframma, poi il torace basso e quindi quello più alto. E’ adottato spontaneamente dalle popolazioni himalayane che, oltre ad essere una delle razze più longeve del pianeta, possiede polmoni particolarmente voluminosi, un’alta concentrazione di emoglobina nel sangue e non è mai costretta a iperventilare, nonostante viva sopra i 3.000 - 4000 m di quota, dove l’ossigeno è circa il 70% rispetto a quello livello mare. Ebbene, diversi studi sperimentali hanno dimostrato come il rallentamento volontario degli atti respiratori sia in grado di rendere più efficienti i sensori che comunicano al cervello la quantità di ossigeno e di anidride carbonica presenti nel sangue. E’ sulla base poi di queste informazioni che vengono regolati sia i gas nel sangue, che i livelli della pressione arteriosa. Ma può capitare che, a causa di alcune patologie, come quelle cardiovascolari o respiratorie, questi sensori non funzionino come dovrebbero. E’ in questi casi che la pratica yogica, rendendo più efficiente la respirazione, allena il cervello a tollerare elevati livelli di anidride carbonica, incrementa il tono vagale, provocando un rallentamento del battito e una vasocostrizione coronarica e, al tempo stesso, regola i livelli di cortisolo, adrenalina e noradrenalina, i cosiddetti ormoni dello stress.

LO STUDIO.L’intimo legame tra cuore, cervello e respirazione è stato evidenziato anche da una ricerca denominata ‘Yoga My Heart’, condotta dall’University of Kansas Hospital su una cinquantina di pazienti che soffrivano di fibrillazione atriale, la più comune fra le aritmie cardiache, che nei soli Stati Uniti colpisce 2,2 milioni di persone, causando battito irregolare e impedendo, di fatto, al cuore di svolgere la sua normale funzione di pompa. I partecipanti, seguiti per sei mesi, nei primi tre hanno svolto liberamente un’attività motoria a loro scelta, nei successivi tre hanno invece praticato tre sessioni di yoga settimanali della durata di 45 minuti ciascuna. Grazie a dei cardiofrequenzimetri applicati sui volontari, i ricercatori hanno potuto costatare che, durante i mesi di pratica yogica, gli episodi di aritmia si erano ridotti della metà rispetto al periodo precedente e gli episodi di fibrillazione del tutto scomparsi. In pratica, lo yoga, ma soprattutto la sua particolare respirazione, agendo sul sistema simpatico e diminuendone l’attività, regolerebbe il battito del cuore e il rilascio di adrenalina, la principale causa della tachicardia.

Mabel Bocchi
La gazzetta dello sport
3 settembre 2013


La mia opinione: 

Diaframma e respirazione diaframmaticaMolto spesso la causa di una non corretta respirazione è legata allo stile di vita moderno, fatto di stress, problemi familiari e lavorativi, ansie; tutto ciò porta a respirare prevalentemente con la porzione superiore delle coste e a mantenere per tutta la giornata un blocco inspiratorio (ovvero non buttiamo fuori l'aria quasi mai).In questo modo il diaframma rimane bloccato e i muscoli cosiddetti accessori devono sobbarcarsi un lavoro che in realtà dovrebbe assolvere il diaframma. Nell'insieme queste disfunzioni possono comportare cervicalgie o dolori diffusi a livello cervicale.Per questi motivi in ogni seduta di allenamento diventa fondamentale dedicare tempo all'educazione alla respirazione diafframatica. D'altronde quando nasciamo iniziamo a respirare in maniera aumantica come istinto di soppravvivenza... ma poi, chi ci insegna a farlo correttamente?


12 settembre 2013

Recupero Record: le soluzioni che funzionano contro la fatica muscolare

I runners hanno spesso delle loro cure miracolose che assicurano essere in grado di dare sollievo ai dolori che attanagliano i muscoli delle gambe dopo certe corse lunghe e impegnative. Ma che cosa serve veramente per alleviare questo genere di dolori e cosa invece no? Abbiamo chiesto agli esperti ciò che pensano dei metodi più usati per avere in breve tempo le gambe che volano di nuovo.

Rimedio: RIFORNIMENTO
Verdetto: OK

Finito l'allenamento, è fondamentale reintegrare i liquidi persi. La disidratazione rallenta tutte le funzioni di recupero del corpo. Bere acqua o reintegratori idrosalini rifornisce le cellule, ristabilisce il volume del sangue e aiuta a regolare la temperatura corporea. Tutto questo favorisce il recupero, ma oltre a bere bisogna anche mangiare. Da 1 a 4 porzioni di carboidrati e proteine entro due ore dall'attività fisica sono l'ideale per essere presto di nuovo in forma.


Rimedio: BAGNO IN ACQUA E GHIACCIO
Verdetto: DA PROVARE (FORSE)

Gli studi riguardo all'utilità dell'immergersi in una vasca gelata per ridurre i dolori al termine della corsa hanno dato risultati contrastanti: alcune ricerche sostengono che aiuti, altre affermano che non faccia alcuna differenza. Jason Karp, medico e autore di Running a Marathon for Dummies, è tra i sostenitori dell'efficacia dell'acqua fredda pr ridurre i dolori e le infiammazioni dei muscoli che hanno svolto attività fisica, specialmente dopo le corse particolarmente intense e lunghe (come la maratona), dove i muscoli subiscono i danni maggiori. Ma se non sei entusiasta  di questo trattamento che fa battere i denti, nn sentirti obbligato a farlo. tini presente che anche l'applicazione di ghiaccio può aiutare a combattere dolori e infiammazioni.

Rimedio: STRETCHING
Verdetto: DA PROVARE

Eseguire lo stretching dopo la corsa ha i suoi vantaggi: è certo, infatti, che migliori la mobilità e la flessibilità. Ma non aspettarti che lenisca i dolori. Una review di 12 studi pubblicata su Cochrane Summaries riporta che lo stretching dopo l'atività fisica riduce il dolore di un solo punto su una scala da 1 a 100.

Rimedio: COMPRESSIONE
Verdetto: DA PROVARE

L'efficacia delle calze compressive quando indossate immediatamente dopo lo sport è ancora da confermare, ma una ricerca del Journal of Sport Sciences dimostra che possono effettivamente ridurre l'insorgere dei dolori se indossate durante la corsa. Sono particolarmente efficaci nella corsa collinare, perchè la compressione extra riduce il carico muscolare, attenuando il dolore post esercizio fisico.

Rimedio: FANS
Verdetto: DA ASSUMERE CON PRUDENZA

Dopo le corse"pesanti", quelle che rendono doloroso scendere le scale, si possono assumere farmaci antifiammatori non steroidei (FANS), perché alleviano velocemente il male. Ma questo rimedio rallenta la riparazione muscolare. Inoltre, i FANS possono fare in modo che il nostro corpo non percepisca i sintomi dell'affaticamento muscolare. E spingere sull'acceleratore in queste condizioni significa allungare ulteriormente i tempi di recupero.

Rimedio: MASSAGGIO
Verdetto: OK

Uno studio apparso su Science Translational Medicine ha riscontrato che il massaggio accelera il recupero perché aiuta a diminuire l'attività delle proteine pro-infiammatorie nelle cellule muscolari e stimola la produzione di mitocondri, i generatori di energia nelle cellule.

Rimedio: RIPOSO ATTIVO
Verdetto: DA PROVARE

Una leggera attività fisica il giorno a un allenamento pesante (o a una gara) migliora la circolazione sanguigna nei muscoli e velocizza la loro riparazione. Allo scopo vanno bene lo yoga, acqua-jogging, nuoto e uscite in bici, che sono tutte attività diverse dalla corsa. Anche una leggera corsetta rigenerante è ok, m su superfici morbide.

Rimedio: SONNO
Verdetto: OK

Questo è il recupero migliore! Quando dormiamo a sufficienza il nostro corpo rilascia l'ormone della crescita che potenzia i processi di riparazione. Ancora meglio se assumiamo uno spuntino (un bicchiere di latte scremato o una manciata di mandorle) prima di coricarci. Uno studio recente rivela che la digestione delle proteine e il loro assorbimento durante il sonno stimolano la riparazione dei muscoli durante la notte. Se poi addotti contemporaneamente più rimedi, il tuo fisico ti ringrazierà.

Jessica Girdwain
Runners
Agosto 2013


9 settembre 2013

Il colore delle uova


Quello del guscio è influenzato dai geni, quello del tuorlo dipende dal mangime.

Le uova sono un alimento proteico molto nutriente, e sono usate dall'uomo come cibo fin dall'antichità. Il consumatore che voglia acquistare uova può basare la sua scelta su vari fattori. C'è chi le sceglie in base al tipo di allenamento, segnalato sulla confezione e stampato con un codice su ogni uovo: "0" per le uova biologiche, "1" per le uova da galline allevate all'aperto, "2" per le uova da galline allevate all'aperto e "3" per le uova da allevamento in gabbie.
Un altro parametro da considerare è il peso: le ricette con le uova dovrebbero sempre citare il peso richiesto e non semplicemente il numero. Pesate sempre le uova con una bilancia digitale specialmente per le ricette di pasticceria, in cui anche una variazione del 10% di un ingrediente può fare la differenza tra un dolce riuscito e uno da dimenticare.
Un parametro a volte considerato dal consumatore nell'acquisto, ma che da un solo valore estetico è il colore del guscio. Questo serve a proteggere il il delicato contenuto che potrebbe diventare un pulcino, ed è formato principalmente da carbonato di calcio. Nel guscio ci sono decine di migliaia di piccoli pori che permettono lo scambio di gas con all'interno dell'uovo. Il colore del guscio non è influenzato solo da fattori genetici, e non ha alcuna importanza sulle proprietà nutritive o su quelle sensoriali. La gallina di razza livornese, per esempio, produce uova bianche mentre quelle della più comune gallina padovana sono rosate o marroncine. Ci sono razze, come la Araucana, che addirittura producono uova dai riflessi verdi o azzurri. In alcuni paesi, come gli Stati Uniti, i consumatori preferiscono comprare uova dal guscio bianco, mentre in Italia le uova in commercio sono quasi sempre colorate.
A volte il consumatore prende in considerazione anche il colore del tuorlo, per esempio per dare colore all'impasto di una torta oppure quando si vuole preparare pasta all'uovo fatta in casa con un bel colore giallo. Addirittura sono in vendita uova in cui si declama il colore arancione intenso del tuorlo, nel caso vogliate preparare tajarin piemontesi con 40 tuorli per chilogrammo di farina. Una volta il colore dei tuorli indicava anche lo stato di salute delle galline: di colore intenso se prodotti da galline sane e ben nutrite; di colore pallido se deposti da galline malate e denutrite.
I pigmenti che colorano il tuorlo di un colore che va dal giallo pallido a un arancione acceso si chiamano xantofille: si tratta di molecole che a loro volta fanno parte della grande famiglia dei carotenoidi. Nel tuorlo svolgono un'importante funzione antiossidante, proteggendo dall'ossidazione sostanze delicate come le vitamine. Gli animali superiori non sono in grado di sintetizzare i carotenoidi, che devono quindi essere assunti dalla dieta attraverso i mangimi. In altre parole, il colore del tuorlo dipende esclusivamente da ciò che mangia la gallina. La luteina e la zeaxantina per esempio, che donano un colore giallo, si trovano nel mais. Anche l'erba contiene xantofille, sebbene il loro colore sia normalmente mascherato dal verde della clorofilla.
L'erba medica è particolarmente ricca di xantofille, e per questo motivo è impiegata come mangime con un buon potere pigmentante. Secondo la legislazione dell'Unione Europea, questi coloranti possono anche essere aggiunti direttamente ai mangimi. Per ottenere un tuorlo di colore arancione intenso è necessario che nella dieta della gallina ovaiola ci siano xantofille rosse, che generalmente non si trovano nei mangimi naturali. Gli allevatori possono usare mangimi a cui si è aggiunta capsantina, che si trova negli estratti di paprika, oppure cantaxantina, una sostanza naturale rossa che si trova in alcune alghe e batteri e di solito è prodotta per via sintetica.

Dario Bressanini
Le Scienze
Agosto 2013

5 settembre 2013

La mancanza di sonno altera centinaia di geni

Perdere ore di sonno nell'arco di una settimana rischia di modificare l'attività di centinaia di geni. Lo sostiene uno studio britannico pubblicato sui "Proceedings of the National Academy of Sciences" e condotto da un'equipe di genetisti dell'Università del Surrey. Secondo gli autori,  a essere interessate sono le sequenze di DNA coinvolte nella regolazione del metabolismo e dei livelli di stress.
La ricerca è stata condotta in un centro britannico per la cura dei disturbi del sonno su 26 volontari, tutti in buona salute, obbligati a dormire sei ore a notte per una settimana e,subito dopo, a rimanere svegli per 40 ore consecutive. Le osservazioni sono state di seguito confrontate con un gruppo di controllo, che ha potuto invece riposare serenamente dieci ore a notte. I risultati hanno evidenziato modifiche dell'attività trascrizionale di 711 geni: in alcuni casi la loro capacità di lavoro si è intensificata, in altri si è ridotta. Si tratta di geni con un ruolo nel controllo dell'omeostasi, l'equilibrio chimico-fisico dell'organismo, la cui alterazione può, pertanto, portare a obesità e a una riduzione delle capacità cognitive, con ricadute sui livelli di attenzione e memoria.


Le scienze
Aprile 2013

2 settembre 2013

Vino, cocktail e calorie: Bere (poco) fa dimagrire?

Per Groucho Marx, il comico, la quantità di alcol era solo un gioco di parole: «Mandatemi subito due mezzi whisky doppi», chiedeva al barman. Ma per medici e ricercatori, il mondo dell'alcol è soprattutto una questione di quantità. Uno o due bicchieri di vino al giorno possono far bene alla salute, non di più. Ora sul bere moderato arriva uno studio dalla Harvard Medical School: sostiene che chi beve poco ha effetti positivi anche sul peso. Un consumo limitato di alcol fa ingrassare meno dell'assenza totale di alcol. Un brutto colpo per gli astemi e i patiti delle diete che calcolano ogni grammo di vino in relazione alle calorie. Lo sostiene Eric Rimm, intervistato dal Wall Street Journal. Rimm è un nutrizionista e ha partecipato alla stesura delle linee guida dietetiche degli Stati Uniti. «La differenza di aumento di peso tra astemi e bevitori moderati è minima. E comunque mettersi a bere non è certo una dieta», avverte. Su quanto l'alcol incida sulla salute e sul peso delle persone, il dibattito è infinito e le ricerche sono spesso discordanti. Di certo c'è che ogni grammo di alcol equivale a 7 calorie. Anche nel 1994 una ricerca su 7.000 persone per 10 anni dimostrò che se si bevono 1-2 bicchieri di vino o una birretta o un bicchierino di superalcolico (per i cocktail dipende anche dagli altri ingredienti) si ingrassa meno di chi pratica la sobrietà totale. Forse ciò avviene, spiegano i ricercatori, perché l'alcol aumenta la frequenza cardiaca, accelera il metabolismo e polverizza più calorie. «Tra chi mangia cibo per 100 calorie e chi beve un bicchiere di vino, il bevitore avrà un consumo di calorie maggiore», suggerisce l'ultimo studio.«Il risultato di questa ricerca non è inusuale, il principio è già stato provato da studiosi di Cape Town ? commenta Fulvio Mattivi, della Fondazione Edmund Mach di San Michele all'Adige, centro di ricerca su agricoltura e alimentazione all'avanguardia in Italia ?. È stato verificato, da altri scienziati, che un consumo moderato di vino può portare ad una leggera riduzione della circonferenza corporea, grazie all'azione antiossidante». Mattivi ha condotto il primo studio al mondo sui 90 pigmenti del vino invecchiato, gli antociani, per tracciare il Brunello di Montalcino. «Gli antociani ? spiega ? tendono ad avere effetti sul tessuto adiposo corporeo, sono stati usati anche prodotti anti obesità. Il vino in fondo non è altro che spremuta di frutta fermentata».Sui problemi di consumo di cibo e vino e peso un esperto è Edoardo Raspelli, critico enogastronomico. Dall'alto dei suoi ex 126 chili, ridotti fino a 92 grazie ad un bendaggio gastrico che gli vieterebbe di bere, ma lui, ora in vacanza sulle Alpi piemontesi, stappa «una bottiglietta ogni sera a tavola con la famiglia». «In fondo ? riflette ? si dice che l'alcol brucia energia, e ora questo studio lo dimostra. Ma nel settore enogastronomico la scienza ha affermato tutto e il contrario di tutto. La linea che suggerisco è mangiare e bere meno ma meglio». L'alcol che fa perdere peso? È scettico Sebastiano Cossia Castiglioni, produttore di vino vegano in Toscana (Querciabella), appassionato lettore di testi sull'etica del cibo e uomo di stazza tutt'altro che esile. Molto dipende da come si è abituati a bere. «Il consumo tipico, storico, di alcol in Italia, cioè vino accompagnato al pasto ? sostiene ? è decisamente più sano del consumo classico anglosassone che invece avviene in grandi quantità, di solito al bar, accompagnato da cibo poco salutare. La differenza è palese: l'inglese e l'americano bevono quasi sempre per bere, l'italiano invece beve quasi sempre per accompagnare il pasto». L'importante, secondo il vignaiolo, nel rapporto tra alcol e salute, è soprattutto fare attenzione a ciò che si beve e non solo alla quantità: «Un bicchiere di vino sano è sicuramente meglio di un bicchiere di vino industriale pieno di prodotti chimici. Come pure è meglio di tante altre bevande alla moda, come i superalcolici aromatizzati alla frutta, o come certe bevande alcoliche finto-energetiche». E allora, senza almeno la paura di ingrassare, si può ordinare, alla maniera di Groucho, un «mezzo bicchiere doppio» di buon vino.

Ferraro Luciano
24 agosto 2013
www.ilcorriere.it