4 ottobre 2013

Mal di schiena che non passa: può essere di origine infiammatoria



MILANO - Se il mal di schiena si trascina per mesi è meglio accertarsi che non sia un segnale di malattie reumatiche di tipo infiammatorio, come le cosiddette spondiloartriti. Si tratta di patologie difficili da inquadrare (e per questo spesso diagnosticate con ritardo anche di anni) con un forte impatto sulla vita di relazione. «Di recente - spiega Roberta Ramonda, professoressa di Reumatologia, l'Azienda ospedaliera e Università di Padova -, è stata messa a punto una nuova classificazione in base ai sintomi prevalenti, ovvero interessamento principale della colonna e/o delle articolazioni periferiche. Nella prima categoria rientrano spondilite anchilosante e spondiloartrite assiale (dette anche radiografica e non radiografica), che hanno spesso come sintomo caratteristico un mal di schiena di tipo infiammatorio. La differenza tra queste due forme sta nella presenza o assenza di danno articolare evidenziabile con la radiografia. In alcuni casi, la forma assiale, non radiografica, può nel tempo evolvere in spondilite anchilosante con un danno che diventa evidente alla valutazione radiografica nell'arco di alcuni anni».


Com’è il mal di schiena di tipo infiammatorio?
«Tipica è la comparsa di dolore localizzato alla regione pre-sacrale e alle natiche. A volte il dolore si irradia alla coscia o fino alla metà superiore del polpaccio, oppure ha un andamento alternante alle natiche. Nelle fasi iniziali dolore ed eventuale rigidità si manifestano soprattutto durante il riposo notturno, sono più intensi al mattino e si accentuano con l'inattività. Oppure il dolore può essere a carico delle varie sedi d'inserzione dei tendini».

Come si fa la diagnosi?
«Il dolore lombo-sacrale, essendo molto diffuso, viene spesso sottovalutato. In presenza di un dolore lombare da più di 3 mesi, che peggiora con il riposo, in persone sotto i 45 anni è consigliabile eseguire una risonanza magnetica. In chi, invece, il dolore dura ormai da alcuni anni è probabile che vi siano già danni irreversibili a carico delle strutture ossee e legamentose, espressione di un quadro conclamato di malattia come la spondilite anchilosante. In questi casi la radiografia consente di evidenziare il grave impegno della colonna vertebrale».

Che cosa si può fare?
«Fondamentali sono diagnosi precoce e trattamento tempestivo, per ridurre il rischio di danni irreversibili. La terapia si basa su antinfiammatori e/o farmaci "di fondo" in particolare sulfasalazina, o su farmaci biotecnologici (anti-tumor necrosis factor alfa). Questo approccio riduce e limita l'evoluzione verso un danno funzionale e/o anatomico conclamato tipico di queste forme. Altrettanto importante il ruolo della fisiochinesiterapia: massaggi, balneoterapia termale e ginnastica danno benessere, migliorano l'elasticità vertebrale e potenziano la tonicità muscolare».



Antonella Sparvoli
19 settembre 2013
www.corriere.it